CAMBIA DIRETTORE MA LA MERDA RIMANE LA STESSA

Dopo il clamore suscitato dallo sciopero della fame iniziato a staffetta dai prigionieri di Uta e poi proseguito da un nostro compagno sino al 21 giugno scorso, l’amministrazione del carcere, diretta da Marco Porcu, aveva ben pensato di riempire l’acqua di cloro rendendone impossibile anche l’utilizzo per cucinare.

Visto l’entrata del nuovo direttore, Pietro Borruto, abile a pavoneggiarsi di fronte alle telecamere parlando a vanvera del benessere dei detenutx, qualcuno ha fatto rianalizzare l’acqua a disposizione dei prigionierx per bere, lavarsi, etc.. Le analisi hanno rilevato una quantità di 600 Unità Formanti Colonie (batteriche) per millilitro d’acqua (il limite di legge è 0). In altre parole nell’acqua, che si beve e con cui ci si lava a Uta, è presente una significativa contaminazione fecale.

In altre parole cambia il direttore ma, come ci aspettavamo, la quantità di merda è rimasta la stessa; alla faccia di garanti, politici e leccapiedi che appaiono indaffarati nel criticare la situazione delle galere ma operano perchè tutto rimanga così com’è.

Solidali con i prigionierx, ci rivedremo presto di fronte ai cancelli della galera di Uta

NO 41-BIS NÉ A UTA NÉ ALTROVE

FUOCO ALLE GALERE

TUTTX LIBERX

!!!!!! 9 AGOSTO !!!!!!!!!!!!!!!!

SERATA BENEFIT PER LA CASSA PRIGIONIERX

PER UN MONDO SENZA GALERE PER UN MONDO SENZA SFRUTTATX LIBERTA PER TUTTI E TUTTE

La Cassa Prigionieri nasce a Cagliari nel 2023 grazie a un gruppo di compagnx che hanno preso parte alle lotte anticarcerarie sviluppate durante lo sciopero della fame di Alfredo Cospito.

Nel contesto storico attuale, il carcere rappresenta sempre più spesso il punto di approdo per molti compagnx impegnatx nelle lotte di piazza e nei conflitti sociali. Non a caso, gli ultimi decreti sicurezza hanno intensificato la repressione anche all’interno delle carceri, dotando gli sbirri di strumenti straordinari di controllo, repressione e tortura.

È in questo scenario che si è sentita la necessità di creare uno strumento utile a sostenere i/le prigionierx di tutte le strutture detentive (carceri, CPR, REMS, ICAM).

I contributi della Cassa hanno quindi lo scopo di supportare i/le prigionierx durante la reclusione, coprendo i bisogni quotidiani e favorendo la crescita e la diffusione delle lotte anticarcerarie — inclusa l’evasione — con la speranza di alleviare, almeno in parte, la sofferenza causata dalla tortura sistematica che i/le prigionierx subiscono.

Poiché si tratta di una Cassa per i/le prigionierx, si è scelto di sostenere anche eventuali necessità legate alle fasi del giudizio, escludendo però qualsiasi contributo alle spese relative agli onorari dei legali.

TUTTX LIBERX — FUOCO A GALERE E CPR

QUANDO L’ARTE INCIPRIA IL LAGER

Vado ai colloqui nel carcere di Uta, con regolarità. Siamo preparate ad aspettare sotto il sole. Due settimane fa c’erano più bambini del solito ad aspettare. “Mamma ho caldo”-“ Mamma voglio andare via”. Poi la secondina alla porta fa entrare i bambini e le madri e ci dice di aspettare ancora fuori, al caldo di luglio col bene che ti voglio. Perché c’è un evento. Qualcuna vicino a me dice : “Cos’è la giornata delle famiglie?” Viene fulminata con lo sguardo dalla guardia. Finalmente ci fanno entrare, ma non si possono depositare i pacchi per i prigionieri perché un artista mascherato lo usa come tavolo da disegno. “Mamma non voglio disegnare, voglio vedere babbo”.
La settimana successiva c’erano forme geometriche sui muri della sala in cui passi meno tempo ad aspettare ( il più è fuori al caldo). La settimana dopo su quei rettangoli e quadrati c’erano scritte orwelliane. Prima della sala perquisizioni: “Esibire i propri sentimenti “. Dove dai i documenti: “È severamente concesso l’ingresso”. Tutte scritte irritanti per le femaiglie in quanto a confronto dell’esperienza risultano semplicemente sarcastiche.

Sui termosifoni: Manu invisible 2025. Quanti soldi ti sei preso (con Domus de Luna e ELAN cooperativa sociale) per fare il belletto al lager?

TUTTX LIBERX, FUOCO ALLE GALERE

IMPORTANTE INIZIATIVA ANTICARCERARIA A PALERMO

CONDIVIDIAMO QUESTA IMPORTANTE E INTERESSANTE INIZIATIVA ARRIVATA DALLA SICILIA

Ha senso oggi, con un piede dentro la terza guerra mondiale, una

iniziativa specifica contro il carcere? C’è ancora tempo per tenere

insieme l’attenzione alle condizioni di chi è rinchiuso/a con il

pensiero agli occhi affamati dei bambini di Gaza?

Pensiamo di sì, per diverse e importanti ragioni. Perché lo sciopero

della fame di Alfredo Cospito, Paolo Todde e di molte/i altre/i, sono

gesti individuali che richiamano la resistenza di un intero popolo posto

al 41 bis dallo stato sionista. Perché rompere l’aura di sacralità

dell’Antimafia in Sicilia, parlando di DNAA, è un colpo al più potente

apparato ideologico/morale e militare di spoliazione, controllo e

repressione della “nostra” storia nazionale. Perché non disperdere la

memoria delle lotte di oggi e di chi ci ha preceduto è parte della

nostra liberazione. Perché rimpinguare le casse anti-repressione

significa continuare a tessere solidarietà rivoluzionaria.

————

La DNAA ( Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) è il fiore

all’occhiello del sistema repressivo dello Stato italiano. Nata nel 1992

come Direzione Nazionale Antimafia, dal 2015 inizia ad occuparsi anche

di reati riguardanti il terrorismo aggiungendo una “A” al proprio nome.

La riunificazione dei fenomeni mafioso e terroristico sotto uno stesso

corpo repressivo rende evidenti le commistioni e gli sconfinamenti nella

costruzione di queste figure simbolico-spettacolari da parte dello

Stato. Mafia e terrorismo sono infatti sempre più “idee senza parole”,

contenitori astratti utili a terrorizzare la popolazione, ad ergere lo

Stato e i suoi servi a protettori dal Male assoluto e a mantenere in

piedi uffici e cariche per magistrati che costruiscono le proprie

carriere sulla pelle di sfruttate e oppressi.

La nascita della DNA nel 1992 aveva provocato molte perplessità anche in

alcuni giuristi e osservatori democratici, ma dopo gli attentati di

Capaci e di via D’Amelio, approfittando del panico morale da essi

generati, lo Stato italiano aveva ormai le risorse simboliche per

rendere intoccabile la sua nuova superprocura e per dar vita a quella

barbarie che risponde al nome di 41bis( ordinamento che è figlio

dell’articolo 70 del codice penitenziario e che nel 2002 è stato esteso

anche ai reati di terrorismo). La posizione geografica e psicogeografica

di frontiera fra Europa e Africa della Sicilia permette di mobilitare

tutto l’armamentario spettacolare che può trattare un fenomeno

strutturalmente funzionale al dominio di merce e autorità, come un male

estremo a cui lo Stato non può che opporre l’estremo rimedio della

violenza e della tortura. Criticare l’operato delle procure antimafia

diventa impossibile e le varie inchieste messe in piedi da queste

rendono sempre più larghe le maglie di regimi detentivi come Alta

Sicurezza e 41bis. Si è quindi venuta a creare una retorica che

squalifica come mostruoso chiunque non accetti la sacralità delle Leggi

dello Stato e rifiuti l’identificazione di giusto e legale.

Per quanto riguarda il terrorismo crediamo sia utile partire

dall’articolo 270sexies del codice penale. Tale articolo, infatti,

definisce “condotte con finalità di terrorismo” tutti quegli atti che

“costringono i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a

compiere o ad astenersi dal compiere un qualsiasi atto”, estendendo tale

categoria a chiunque non si limiti alla protesta legale e democratica e

dunque completamente gestibile e riassorbibile da Stato e padroni.

Con la nascita della DNAA, lo Stato può utilizzare facilmente la

legittimità simbolica e le capacità investigative accumulate contro

chiunque non accetti i progetti del potere, comprendere ciò si fa sempre

più necessario e fondamentale per rispondere al salto di qualità

introdotto dalla controparte nel campo della repressione. A maggior

ragione adesso che, con gli scenari di guerra che si profilano

all’orizzonte, le fila dei nemici interni si vanno ingrossando sempre

più.

Ma, come ogni spettacolo, anche l’antimafia e l’antiterrorismo non sono

qualcosa di inscalfibile: lo sciopero della fame del compagno anarchico

Alfredo Cospito sottoposto al regime del 41bis e le azioni diurne e

notturne che si sono sviluppate in Italia e nel mondo in sua solidarietà

hanno aperto una breccia che non potrà essere richiusa facilmente. La

lotta può dissacrare la religione della legalità e dissolvere la cortina

fumogena eretta a difesa dello Stato.

Di questo vorremmo parlare a partire dall’opuscolo Ruolo e strategie

repressive della DNAA con la presenza di alcuni/e curatori/trici della

cassa di solidarietà La Lima il 26 luglio alle 15:30 ad Alavò in via

Duca Lancia di Brolo, Polizzi Generosa (PA)

SOLIDALI CON GHESPE, FUOCO ALLE GALERE

Riceviamo e diffondiamo

Solidarieta’ a Ghespe, amico e compagno, rinchiuso nel carcere di Spoleto

Fuoco alle galere

Aggiornamenti su Ghespe

Un paio di novità sulla situazione di Ghespe, recluso nel carcere di Spoleto da marzo 2025 per scontare un residuo pena di 5 anni e mezzo per il “botto di capodanno” nell’ambito della c.d. operazione panico.

La direzione del carcere gli ha applicato la censura della corrispondenza a partire da metà maggio, a seguito di una nota inviata dalla digos di Firenze in cui si farebbe cenno alla sua pericolosità sociale, ai suoi contatti con l’ambiente anarchico, ecc. La posta dunque viene tutta letta e timbrata; questo ha ovviamente provocato dei rallentamenti e delle “sparizioni” di lettere, sia in entrata che in uscita. Gli vengono inoltre trattenuti francobolli e adesivi, quindi è meglio non metterglieli in busta.

E’ stato inoltre disposto da parte del sost. Procuratore De Gregorio della DDA di Firenze, in data 19.06, un prelievo coattivo del DNA da effettuare in carcere, per un decreto emesso il 5 giugno ’25 nell’ambito di un procedimento penale del 2023. In questa indagine, solo accennata, risulterebbe indagato, insieme ad altri, per 305 c.p. (cospirazione politica mediante associazione), per aver “promosso ed organizzato una rudimentale associazione finalizzata alla commissione dei delitti di cui all’art. 302 c.p.”. Nel giustificare questo prelievo, le cartacce fanno il solito resoconto di serate benefit e iniziative/rivendicazioni solidali nei suoi confronti a partire dal suo arresto in Spagna, a “dimostrazione” del suo ruolo di spicco all’interno del movimento anarchico, per poi enunciare la necessità del campione biologico per “approfondire indagini sui soggetti che si sono coagulati attorno a lui” per “verificarne le potenzialità e capacità operative e strategie d’azione” [sic!]. Magie del DNA….

[A questo proposito: segnaliamo il recente ritrovamento di microspie e GPS in due automobili di compagni/e a lui vicini/e…]

Molto più onestamente, in seguito si fa vago riferimento ad “analoghi” attentati con ordigni esplosivi (analoghi all’azione per cui è stato condannato, s’intende) avvenuti nell’ambito della mobilitazione contro il 41bis di cui evidentemente non sanno a chi attribuire la responsabilità. Gli esempi citati: l’ordigno esplosivo al tribunale di Pisa del 23.02.’23 e le bottiglie incendiarie alla caserma Perotti del 30.01.’23. Il Dna, aggiungono, servirebbe inoltre ad accertare la sua presenza “nei luoghi di aggregazione del movimento anarchico“ e la sua collocazione quindi all’interno della cosiddetta “frangia toscana”. Rispetto al DNA, ricordiamo che il prelievo per la banca dati era già stato imposto, a lui come ai/alle altre arrestati/e del 3 agosto 2017, il giorno della convalida dell’arresto e che la principale “prova” usata a suo carico è stata un controversa perizia sul DNA operata in modalità “irripetibile” tra una microtraccia biologica repertata su un frammento di scotch che presumevano facesse parte dell’ordigno esploso, confrontata con campioni biologici prelevati da oggetti a lui attribuiti quali, ad es., lattine. Nel lamentare l’assenza del suo profilo in banca dati, le carte odierne parlano di un “verosimile errore nella procedura di campionamento” eseguito all’epoca nel carcere di Sollicciano. Come ultima motivazione addotta quindi vi è la necessità di “sanare tale mancanza” e l’onere di tale procedura viene assegnato alla digos di Firenze.

Oltre a ciò, permane per lui l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione a colloqui visivi con chiunque non sia un suo avvocato e la totale discrezionalità di ciò che passa di volta in volta coi pacchi a colloquio (ad esempio penne, fogli protocollo, occhiali, libri giudicati troppo “sovversivi”) e ricordiamo inoltre che non può ricevere libri tramite posta (poiché questa possibilità, a Spoleto, sarebbe concessa solo a chi segue dei percorsi di studio, eventualità peraltro non prevista in quel carcere). Pare abbastanza evidente che, al di là delle particolari restrizioni che pensiamo siano proprie di un carcere al cui interno vi è una sezione di 41bis, come Spoleto, nei confronti di Ghespe si vada ad aggiungere la volontà ritorsiva per i due anni di irreperibilità prima del suo arresto in Spagna nel febbraio ’25: è particolarmente importante, quindi, fargli sentire la nostra solidarietà e andare sotto a quel carcere, per lui e per gli altri prigionieri. A metà giugno si sono verificate, lì come nel carcere di Terni, delle proteste per le condizioni di detenzione e per il caldo soffocante, tali da richiedere l’intervento della celere e da far dichiarare al segretario regionale del SAPPE che l’Umbria è diventata la “discarica sociale” del sistema penitenziario toscano, invocando la riapertura del supercarcere a Pianosa per i “isolare i detenuti più pericolosi”, anche in vista delle probabili rivolte estive.

Chiamiamo quindi a una partecipazione numerosa per il presidio al carcere di Spoleto, in loc. Maiano 10, il 5 luglio 2025, alle 16.30: contro ogni galera, per Ghespe, per Paolo Todde che ha sospeso il 21.6 uno sciopero della fame iniziato i primi di maggio nel carcere di Uta (CA), per tuttx x prigionierx.

Per l’Anarchia!

Continuiamo a scrivere a Ghespe!

Salvatore Vespertino

C.D.R. Spoleto

Loc. Maiano 10

06049 Spoleto (PG)

UN PRIGIONIERO CI RACCONTA QUELLO CHE SUCCEDE A MACOMER

H4pf03 ha voluto ricondividere la sua storia, perché i giornalisti e chi li contatta non si sono preoccupati di tenere conto delle opinioni di chi, nonostante l’inferno di Macomer, lotta ogni giorno per raccontare le condizioni, i soprusi, a costo di grandissimi sacrifici.

La storia di H4pf03 è la storia di tutte quelle persone che vengono colpite dalla repressione dello stato razzista italiano. La sua lotta è una lotta per tutte le persone detenute dentro il CPR.

“Siamo dentro il lager istituzionale di Macomer. La settimana scorsa H4pf03, giovane marocchino di 22 anni, suonava al citofono del suo blocco ripetutamente per parlare con un operatore. Voleva comunicare con l’assistente sociale per mostrare il foglio della denuncia di smarrimento del portafoglio con il permesso di soggiorno e la ricevuta per il suo rinnovo per provare a dimostrare di essere regolare sul territorio e quindi uscire dal CPR in cui è detenuto da dicembre 2024.

È rimasto inascoltato per tutto il giorno, decide dunque di protestare salendo sul tetto. Scende con la promessa che gli avrebbero fatto incontrare l’assistente sociale, promessa non mantenuta. Il primo di tanti inganni in pochi giorni. Lo stesso giorno nel suo blocco, in seguito a delle proteste per avere assistenza medica, la polizia é entrata in assetto antisommossa picchiando le persone detenute e deridendole allo stesso momento. Arriva subito un’ambulanza per portare via una persona che in seguito ai pestaggi è rimasta a terra. Dopo che l’ambulanza porta via la persona ferita i pestaggi e la repressione fisica contro chi è rimasto nel blocco continuano. Gli operatori non sono presenti al momento del pestaggio, ma ne vedono i risultati subito dopo. Le persone del blocco sono contuse e ferite.

Giovedi H4pf03 cerca di andare in isolamento volontario, non riesce a reggere tutta quella tensione e vuole solo un giorno per stare da solo. Un funzionario gli promette che sarebbe potuto uscire il giorno dopo.
Altro inganno.
Venerdì H4pf03 chiede di poter tornare nel blocco con i suoi compagni ma non lo liberano. La scusa per questa infamia è che doveva calmarsi. Riesce però finalmente a parlare con la sua famiglia tramite l’unico telefono con whats app che la gestione del lager di Macomer concede. Dopo la chiamata gli viene detto che sarebbe arrivata un’ambulanza a breve per visitarlo e dargli le cure mediche necessarie che aveva richiesto dopo i pestaggi avvenuti i giorni prima. H4pf03 infatti è pieno di contusioni e con diverse ferite. Aspetta l’ambulanza sulla sedia nell’area prima del blocco dell’isolamento.

È da solo, ma al posto dell’ambulanza arriva la guardia di finanza in antisommossa, sono tanti e lui è da solo. Lo trascinano per cento metri, cade due volte e lo riportano in isolamento dove una decina della guardia di finanza lo tengono fermo mentre il personale medico gli fa due punture di sedativo. Durante questo ennesimo gesto repressivo la guardia di finanza gli provoca altre contusioni alla spalla e alla mano. H4pf03 rimane in isolamento, sedato per un giorno intero, ferito, contuso e in uno spazio senza aria, senza finestre.

È oramai in isolamento da una settimana.

La sua lotta continua fin quando solo all’inizio di questa settimana lo portano in ospedale a Nuoro, dove gli fanno incontrare uno psichiatra che gli voleva prescrivere medicine per calmare la sua rabbia mentre lui chiedeva rispetto per i suoi diritti, per la sua esistenza, per la sua libertà. Viene rilasciato dall’ospedale e riportato al CPR, il referto di quelle visite non lo vedrà mai, lo tengono le forze dell’ordine, perché possiamo immaginare cosa ci sia scritto”.


NON LASCIAMO INDIETRO CHI LOTTA PER LA LIBERTÀ O SAREMO COMPLICI DELLO STATO RAZZISTA

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO

FACCIAMO I NOMI, MA CHE SIANO QUELLI GIUSTI

Abbiamo letto su l’Unità e FanPage gli articoli in cui Yasmine Yaya Accardo, esponente di LasciateCIEntrare e Memoria Mediterranea, per denunciare la situazione del CPR di Macomer illustra alcuni casi di torture, isolamento e violenze medico-poliziesche su alcuni prigionieri, citandone i nomi. Poichè tutti i prigionieri raccontano che, nel corso della loro detenzione, subiscono questi trattamenti (di forma e intensità variabili), ci chiediamo perchè personalizzare le denunce mettendo a repentaglio la già precaria situazione dei prigionieri stessi.

Nell’articolo vengono, tuttavia, omessi i nomi, quelli giusti, dei responsabili di questo lager.

Non viene citata mai la coordinatrice Elisabeth Rijo Ubri, di cui i prigionieri lamentano le frequenti assenze, prepotenze ed omissioni, tranne quando può presenziare ad eventuali visite parlamentari (comprese quelle “a sorpresa”) ed incontri pubblici. Per inciso, ci sconcerta il fatto che la Rijo sia ancora presidente del Coordinamento Diaspore in Sardegna, senza che nessuno che ne formi parte si indigni e la sbatta fuori.

Degli operatori conosciamo soltanto il nome dell’infermiera Rita Porcu (la signora che nella puntata di Presa Diretta ha avuto il coraggio di negare l’utilizzo massiccio di psicofarmaci per sedare i prigionieri) e dell’operatore, tale Karim, che ha provocato una lesione importante ad una gamba di un prigioniero durante un “alterco”.

Conosciamo solo pochi nomi poichè tutto il personale (si tratti di sbirri, mediatori o medici) viene coperto dalla più totale oscurità perchè, come in tutti i lager, la catena di trasmissione del comando, su cui si fonda il buon funzionamento del CPR, deve essere sempre protetta e coperta. Pertanto quando si agisce per denunciare le torture che subiscono, sempre, tutti coloro che sono rinchiusi, si facciano i nomi, ma che siano quelli giusti, degli aguzzini e di chi ne è a capo.

SOLIDALI CON I PRIGIONIERI

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO

NEL LAGER DI MACOMER I PRIGIONIERI SONO DISPOSTI A LOTTARE E MORIRE PER ESSERE LIBERI

Ieri notte, in un blocco presidiato da antisommossa e kapò, chiamati operatori, (qualcuno dice che fosse presente anche Elisabeth Rijo, ma di questo non abbiamo certezza), uno dei due prigionieri in sciopero della fame e della sete, sottoposto, nei giorni scorsi, a pestaggi, sedazioni ripetute e isolamento, ha ingerito batterie e una lametta e poiché si rifiutavano di portarlo in ospedale, ha tentato un gesto estremo da cui lo ha salvato un altro prigioniero. A quel punto è stato portato via ma non sappiamo dove.

Da giorni non abbiamo notizie neppure dell’ altro prigioniero che si trovava in isolamento e in sciopero della fame e della sete.

DALLA PARTE DI CHI LOTTA

SOLIDALI E COMPLICI CON I PRIGIONIERI IN LOTTA

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO

MACOMER: TORTURARE CHI PROTESTA

Giungono aggiornamenti da Macomer

Mentre nel blocco C prosegue la protesta, uno dei due prigionieri in sciopero della fame è stato riportato, ieri notte, nel blocco, profondamente sedato, dopo essere stato minacciato di un’ulteriore periodo di isolamento se non avesse posto fine allo sciopero della fame. Il prigioniero ha comunque deciso di proseguire lo sciopero fino alla liberazione che dipende soprattutto dalla consegna di alcuni moduli da parte della direttrice Elisabeth Rijo, che ci dicono sia sempre assente.

Il prigioniero rimasto in isolamento nella cella situata nel sottosuolo, prosegue lo sciopero della fame e riferiscono che ieri notte è stato ferito da una quindicina di antisommossa che sono entrati nella cella con un’infermiera, lo hanno afferrato di malomodo procurandogli lesioni agli arti e al collo, per trascinarlo nei locali dell’infermeria, issandolo sul lettino e infine lanciandolo a terra e poi saltandogli sopra per immobilizzarlo affinchè l’infermiera gli praticasse due iniezioni di un sedativo potente che lo ha reso incapace di muoversi sino alla mattina. Un dispositivo di tortura medico-poliziesco a tutti gli effetti.

Ancora una volta in questi “non luoghi” razzializzati il sistema esercita tutta la sua violenza nascosta a qualunque sguardo. Allo stesso tempo, per mostrare la maschera democratica, permette gli spettacoli “a sorpresa” di politici, garanti e loro accoliti a cui viene permesso, attraverso il privilegio razziale, di entrare per riportare all’esterno soltanto ciò che l’amministrazione permette che si veda.

Intanto all’interno si continua a torturare..

CHIUDERE CPR E GALERE

TUTTX LIBERX

A Macomer accanimento medico-poliziesco contro i prigionieri in sciopero della fame

Da Macomer ci comunicano che ieri notte una decina di antisommossa sono entrati nella cella di isolamento, situata sotto il livello del suolo, e si sono accaniti contro uno dei prigionieri praticandogli un trattamento medico coatto, tramite due iniezioni, per sedarlo. L’altro prigioniero, che non è in grado di muoversi autonomamente, durante il pestaggio si è ferito ulteriormente una gamba e è stato ugualmente sedato.

Le detenzioni nel CPR sono eseguite dalla polizia con la complicità del personale sanitario del centro. Pensiamo che le visite di medici esterni che offrono la loro professionalità per “denunciare” i casi più eclatanti di incompatibilità sanitaria nella struttura, possono alimentare la macchina della tortura, rendendoli complici in un processo di “selezione”, in cui si decide chi potrà essere “sommerso” e chi “salvato”.

Siamo contro tutte le galere. Pensiamo che il personale sanitario (medici, infermieri, psicologi), che decida se un prigionierx sia idonex alla detenzione o alla libertà, debba essere considerato complice e collaboratore del sistema razzista di detenzione e tortura.

SOLIDALI E COMPLICI CON I PRIGIONIERI

MAI COMPLICI CON LA MACCHINA DELLA TORTURA E DELLA DEPORTAZIONE

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO