SCIOPERO DELLA FAME A UTA. SOLIDARIETÀ CON I PRIGIONIERI IN LOTTA


Riceviamo, da alcuni prigionieri che il 25 aprile hanno iniziato in due sezioni uno sciopero della fame a staffetta, il documento con le rivendicazioni che diffondiamo.


Al tribunale di Sorveglianza di Cagliari/Alla Direzione Carcere “E. Scalas”-Uta

Siamo i prigionieri del carcere “E. Scalas” di Uta e rimarchiamo per l’ennesima volta le nostre lagnanze.
Innanzitutto, sappiamo che la direzione, con tutto l’apparato securitario, è a conoscenza della mancata potabilità dell’acqua che sgorga nei rubinetti delle celle. Quella è un’acqua grezza, non trattata e non potabilizzata, che viene erogata alle aziende del comprensorio
industriale di Macchiareddu, non consona al consumo animale.
Più della metà dei prigionieri di questo carcere sono rinchiusi in celle anguste (con meno di 12 metri quadrati calpestabili) per più di 20/22 ore al giorno. Le celle dove noi siamo segregati, sono ambienti per due persone, invece siamo stipati in quattro, con tutte le conseguenze di “coabitazione” forzata che trasporta: il sovraffollamento è superiore al
100% in questo carcere. Le ore dei passeggi, unica occasione di uscire all’aria aperta, delle ministeriali quattro ore giornaliere, se ci va bene ne usufruiamo per max 2 e/o 3 ore al giorno.
Sull’area sanitaria dobbiamo stendere un velo pietoso, inadeguata alla mansione e malevola d’animo; qua aspetti giorni per poter fare una visita urgente dal medico di “fiducia”, ed il più delle volte ti prescrivono antidolorifici e/o gocce miracolose. Abbiamo visto e vediamo tutt’ora arti “fasciati” con stecche di legno di cassette di frutta e/o cartone
ondulato di altrettante cassette di banane. Un nostro compagno di ventura che lamentava perdite ematiche nelle urine, veniva trattato con diuretici, e soltanto dopo quindici giorni è stato ricoverato in un ospedale esterno. Che dire dell’area educativa, complice del clima di terrore instaurato dall’area securitaria e dalla direzione, gli educatori fanno i passacarte, non si occupano dei problemi dei prigionieri, ma l’unica cosa che fanno volentieri, è quella di partecipare a quei finti
processi, che loro chiamano consigli di disciplina, dove vengono date punizioni da bambini dell’asilo. Infine, che dire degli orari della biblioteca, che invece di essere un’”agorà” della popolazione prigioniera, è tenuta a doppia mandata, tanto che non possiamo usufruirne più di due/tre ore alla settimana. Pure il campo di calcetto è ben tenuto chiuso, infatti si può utilizzare con il contagocce, non più di due ore a settimana, che poi significa, se va bene, un’ora e mezza, anche grazie alla “perfetta macchina organizzativa delle guardie”.
Un appunto lo facciamo anche ai giudici di sorveglianza, che mai abbiamo visto nelle sezioni, loro se va bene li vediamo in videoconferenza o nelle asettiche aule al piano terra, dove tutto è lindo e perfetto; infine, ci rivolgiamo a Gianni Loy, referente dei detenuti,
dove sei, cosa fai…? Lo sai che puoi girare tutto il carcere, puoi entrare dappertutto, però nessuno ti vede. Non puoi venire qui e parlare soltanto con le persone che ti contattano, ora ci sono dei cristi che hanno bisogno di aiuto, se non ti senti adeguato alla funzione lascia, a noi non cambierebbe nulla.
Veniamo alle nostre rivendicazioni:

  1. Esigiamo la consegna di litri tre di acqua minerale certificata in bottiglie sigillate;
  2. L’apertura delle celle nelle sezioni chiuse, per un numero congruo di ore
    giornaliere, minimo sei ore al giorno;
  3. Il rispetto delle effettive ore ministeriali nei passeggi, quattro ore al giorno;
  4. L’apertura della biblioteca per tutta la popolazione prigioniera senza limitazioni di sorta;
  5. L’utilizzo del campo di calcetto almeno due volte alla settimana, questo è possibile con un minimo di buona volontà e di organizzazione dell’area securitaria;
  6. La consegna della fornitura ministeriale a tutte le celle del carcere;
  7. Vogliamo parlare de visus con i magistrati di sorveglianza del tribunale di
    Cagliari, per potere spiegare più a fondo le nostre ragioni di lotta;
  8. Nessuna ritorsione nei nostri confronti prima, durante, dopo la nostra lotta.
  9. Se non otterremo risposta in tempi brevi, inizieremo uno sciopero della fame generale, avvisando prontamente tutti gli organi di stampa della Sardegna, e organizzando dei sit-in itineranti a Cagliari e dintorni, e di fronte al carcere.


Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità. Potete trovare informazioni sulla lotta e sulle iniziative di solidarietà in
rifiuti.noblogs.org

(leggi risultati analisi delle acque e sovraffollamento carceri)


TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE

Anarchiche e anarchici contro carcere e repressione

PER UN 25 APRILE DI SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA DA DIETRO LE SBARRE

Oggi, 25 aprile, i detenuti di alcune sezioni del carcere di Uta inizieranno uno sciopero della fame (a staffetta) per protestare contro le loro sempre peggiori condizioni di vita all interno.

Per questo e per tanti altri motivi (leggi volantino) stasera dalle ore 19 ci troveremo ancora una volta fuori dalle mura del carcere per portare solidarietà a tuttx i/le reclusx.

Per chi volesse partire tuttx insieme l’incontro è alle 18 nei parcheggi del mercato di via Quirra.

FUOCO ALLE GALERE
TUTTX LIBERX

41 BIS A UTA?


SDR parla a caso o i lavori si sono conclusi incredibilmente in meno
di otto giorni? Oppure il modulo è stato aperto di nascosto e non è
possibile sapere chi vi sia rinchiuso?
NO 41 BIS, NÈ A UTA NÈ ALTROVE

UN LAGER MIGLIORE


Venerdì 21 marzo, ancora una volta, c’è stata la visita istituzionale al CPR di Macomer. Non è la prima volta che delle così dette “cariche pubbliche” entrano lì dentro per osservare le condizioni dei detenuti (che loro chiamano “ospiti”). Nei mesi scorsi diversi sopralluoghi sono stati fatti dalla deputata di Avs Francesca Ghirra. Anche lei sostiene che i CPR sono luoghi disumani che non dovrebbero esistere, ma poi nella pratica cosa fa? Un esposto alla Procura di Nuoro, per spingere la magistratura a verificare la corretta attuazione dell’appalto da parte dell’ente gestore. Una segnalazione inutile e diretta ad una magistratura funzionale al sistema. Inoltre, la deputata, ha fatto delle interrogazioni parlamentari assolutamente risibili, giusto per poter dire prima delle
elezioni di aver fatto qualcosa.
Di stesse vedute sono l’assessore regionale alla sanità della Sardegna, Armando Bertolazzi, e la senatrice Sabrina Licheri, che due settimane fa hanno visitato il centro: apprezzano i “notevoli miglioramenti nella gestione degli ospiti, però segnalano delle criticità ancora da superare”.
L’assessore suggerisce di attivare un reparto di medicina specialistica e l’acquisizione di un defibrillatore.

Queste dichiarazioni faranno contenta la nuova direttrice, Elizabeth Rijo, responsabile di Officine Sociali in Sardegna. Nel suo sito di propaganda (https://elizabethrijo.org/), fatto al tempo in cui si candidò alle ultime regionali sarde, si legge: “Sostengo quelle persone che
animano i comitati per la difesa della sanità, le lotte contro l’occupazione militare, le lotte per la valorizzazione del lavoro agricolo, le lotte per la difesa dei posti di lavoro ed i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglie per le scuole e le università accessibili e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono la nostra quotidianità.”

Nella trasmissione RAI “Presa Diretta” del 6/04/25, in cui le omissioni erano più delle rivelazioni appaiono sia la Ghirra che la Rijo. Per la Ghirra, incapace di intervenire di fronte a un tentativo di suicidio di un prigioniero che avviene durante la sua visita non sprechiamo parole, per la Rijo il cui progetto è organizzare corsi di ballo per i prigionieri, in perfetto stile nazista, osserviamo che se una persona come lei gestisce il cpr di Macomer possiamo essere sicuri (sic!) che qualcuno penserà a migliorare le condizioni degli ospiti tenendo conto delle LORO lotte
quotidiane. Le associazioni del terzo settore sedicenti antirazziste dovranno rispondere politicamente dei rapporti che eventualmente sceglieranno di intrattenere con questa kapó patetica. Che dire, infine di Rita Porcu, l’infermiera che stragiura che a Macomer gli psicofarmaci non vengono mescolati nel cibo ma vengono somministrati su richiesta dei detenuti che si sa magari li useranno per sopperire alla crisi di astinenza da corsi di ballo.


Noi sappiamo che i detenuti, reclusi perché privi di documenti, non hanno visto alcun miglioramento. Hanno 3 telefoni per più di 50 persone, non posseggono le schede adatte per chiamare in Africa, quindi sentire le famiglie (quelle che hanno, qualcuno le ha
mandate da fuori). Non hanno acqua calda. C’è la storia di un ragazzo, che dopo aver scontato un anno e mezzo in carcere, è stato portato al CPR, con l’inganno che, se si fosse comportato bene, sarebbe uscito dopo pochi giorni. Poi il giudice dice di non essere riuscita a leggere dei documenti del suo avvocato; quindi, gli ha spostato l’udienza di tre mesi. Un altro recluso che ha avuto l’ennesimo rinvio dell’udienza, per protesta, ha tentato di uccidersi tagliandosi sul collo. Un ragazzo è riuscito a farsi fare una spesa alimentare, questa poi è sparita. È andato a reclamarla dagli operatori e uno di questi l’ha picchiato. Li perquisiscono. Dormono tanto, sono sempre stanchi (sarà effetto del cibo migliore?). Dicono: “ci stanno uccidendo lentamente”.


Alla faccia dei miglioramenti, alla faccia delle belle parole dei soliti politicanti di turno.


Condividiamo delle foto che uno dei detenuti vorrebbe divulgare. Questi tagli sul collo non sono di una vittima, ma di una persona che si sta ribellando alla sua reclusione. Pur di non stare lì dentro, alcuni, sono pronti a morire.


Quello che vuole fare Officine è cercare di cambiare volto indossano nuove maschere, quelle che piacciono alla sinistra istituzionale e al suo carrozzone associazionista.
I politici in visita al centro, volenti (sempre) o nolenti (mai), fanno il loro gioco. Così la destra può vantare l’efficacia dei CPR e la sinistra è sempre più tollerante, visti i miglioramenti delle condizioni degli “ospiti”, e si limita a lamentare l’inefficacia della politica dei rimpatri a fronte delle somme spese. Il risultato è che questo business, fatto sulla pelle dei reclusi, è sempre alimentato, e che questi lager non chiudono, ma vogliono apparire “lager migliori” (ricordate il lager di Terezin con le orchestrine di prigionieri organizzate dai nazisti in occasione delle visite della Croce Rossa?)


Ce l’hanno insegnato le stesse persone recluse come si migliorano i cpr: bruciandoli, e successo a Torino e speriamo che la pratica si diffonda, solo loro possono guadagnare la propria libertà.
Noi continuiamo a rafforzare il ponte di solidarietà che abbiamo costruito con loro, tornando lì davanti. L’abbiamo fatto domenica 30 marzo, nonostante il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, cerca di intimorirci con avvisi orali, fogli di via e relative denunce per la
violazione di questi. Questa volta il livello dello scontro si è alzato, la risposta delle guardie è stata più forte e noi abbiamo comunicato con i detenuti per poco tempo, tentano di allontanarci per sempre
con altre denunce, altri fogli di via. Mantenere il contatto con i prigionieri sta diventando sempre più difficile, ma noi crediamo che si debba essere solidali con chi lotta per la propria libertà, è una nostra scelta
ideologica, politica, etica. Per questo ci vedremo di nuovo fuori da quel lager, solidali con chi è dentro, sino a quando non saranno tutti liberi.

Anarchicx contro carcere e repressione.

TORTURATI SINO ALLA MORTE


Ti costringono, per 22 ore al giorno, a stare chiuso con altre tre persone che non hai mai visto prima (talora provocatori messi con te dall’amministrazione per renderti la vita ancora più complicata) in una stanza di 10 mq; non hai l’acqua calda per lavarti e ti viene impedita la cura dell’igiene personale; il cibo è poco e fa schifo, se vuoi comprarlo lo devi pagare due o tre volte il prezzo di mercato;
l’acqua non è potabile ma se vuoi bere senza ammalarti devi comprarla; se fa freddo non puoi riscaldarti e, se fa caldo, non esiste modo per rinfrescarsi, la tua cella raggiunge anche i 43ºC; soprattutto alle ragazze non è permesso uscire dalla cella in canottiera e/o pantaloncini; se stai male, se non ti aiutano i tuoi compagni di cella, nessuno ti soccorre; se finisci in ospedale i parenti ti possono visitare solo se ogni giorno passano prima dall’amministrazione per chiedere l’autorizzazione; gli unici farmaci che vengono somministrati sono il paracetamolo per qualsiasi patologia e il rivotril per rimbecillirti; se hai disturbi
psichiatrici vengono ignorati anche se sei pericoloso per te stesso e per gli altri; se sei italiano e ti lamenti le botte sono date con crudeltà, se sei straniero e ti lamenti potresti sparire nel nulla senza che nessuno sappia più niente di te; ogni tanto entrano nella tua cella con la scusa di una perquisizione e casualmente le cose che ti sono più care, libri, lettere e fotografie, cadono nel secchio pieno d’acqua in cui lavi la roba; i tuoi parenti vengono sottoposti a continue pressioni, devono fare ore di fila in qualunque condizione meteo e subire diverse vessazioni
nella speranza di poterti incontrare in una sala in cui sono presenti tante altre persone nelle medesime condizioni, i pacchi che ti mandano vengono frequentemente respinti, il cibo che ti mandano adulterato e spesso ti portano al colloquio in ritardo cosicché l’ora a cui avresti diritto si riduce a 10 minuti; non puoi avere un minimo di privacy con un* compagn.

Quelli che sono veramente suicidi dopo una vita di inferno di questo tipo non possono essere considerati tali.

ACCADE A UTA

Secondo dati ufficiali, nel periodo tra il primo gennaio 2025 ed oggi, il carcere di Uta è al primo posto in Italia per il numero di suicidi e per proteste mediante sciopero della fame e/o della sete, al quinto posto per i tentativi di suicidio, al nono per gli atti di autolesionismo.

Responsabile di tutto questo sono lo Stato italiano e i politici di ogni colore; il direttore Marco Porcu, la responsabile sanitaria Marina Rocca, i garanti Irene Testa e Gianni Loy, gli sbirri e i sindacati che li proteggono; gli indifferenti, quelli che si girano dall’altra parte pensando che la dignità di un uomo possa essere calpestata, umiliata e annullata da qualcuno a cui viene delegata ogni autorità per difendere l’ingiustizia di un sistema di assassini.

CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE, TUTT LIBER*

Anarchicx contro carcere e repressione

SOLIDALI CON I RECLUSI DI MACOMER

Oggi alcuni solidali si sono presentati di fronte al cpr di Macomer per portare un po’ di vicinanza ai reclusi. Al loro arrivo hanno trovato una jeep dei carabinieri e, ai tentativi di comunicazione con i reclusi, c’è stata una risposta, subito silenziata da una camionetta della celere già presente dentro.
Le forze dell’ordine hanno immediatamente bloccato i solidali, pretendendo di portarli in caserma per effettuare foto segnalazioni  e delle perquisizioni personali più accurate delle compagne presenti, nella ricerca di armi.
I solidali si sono negati di spostarsi in caserma e, dopo aver minacciato di trattenerli sino a notte, gli sbirri hanno proceduto alle perquisizioni personali e delle auto sequestrando diverso materiale, sono stati notificati fogli di via e diverse denunce.

Nel lager di Macomer sono al momento recluse una cinquantina di persone, la maggior parte portati da altri cpr per motivi punitivi. Si trova in un posto isolato, difficile da raggiungere e costantemente presidiato dalle forze dell’ordine, che impediscono a chiunque di avvicinarsi a meno di 500 metri. Alle persone recluse viene costantemente impedito di contattare avvocati, accedere al telefono, ricevere pacchi. Ad ogni saluto, la repressione e il tentativo di silenziare la solidarietà aumenta. Ma i legami si rafforzano, i cpr continuano a bruciare, e noi restiamo al fianco di chi lotta per la libertà.

BELLO COME UN CPR CHE BRUCIA


La sinistra ipocrita, che stigmatizza il CPR in Albania, dimentica non solo che i CPR sono stati introdotti da importanti personalità del PD al servizio dell’imperialismo ma anche che il paradigma che porta al CPR albanese è lo stesso del CPR presente a Macomer. Quest’ultimo è utilizzato perlopiù a scopo punitivo (i migranti più riottosi vengono rinchiusi negli ancora più punitivi famigerati moduli B e C), un tempo carcere speciale durante il periodo degli attentati attribuiti agli islamici, chiuso e riutilizzato per i migranti in detenzione amministrativa. Situato in un avvallamento nella zona industriale della cittadina, fortemente militarizzata sin dal dopoguerra, esposto al caldo e al freddo, con
molte celle sotto il livello stradale, ai prigionieri non vengono dati né scarpe, né vestiti, né coperte, e sono costretti a vivere in celle con bagni senza porte, con “sale” esterne alle celle senza la possibilità di sedersi (sedie e porte potrebbero secondo lo Stato essere utilizzati come corpi contundenti in caso di rivolta), e a nutrirsi con cibi schifosi e psicofarmaci, controllati da un personale che può usare
contro di essi la violenza più bestiale in quanto protetto da polizia, carabinieri, guardia di finanza ed esercito. Tutto questo mentre le società o “cooperative” che gestiscono a turno la struttura, vengono scelte dalla Prefettura di Nuoro, in base a criteri incomprensibili in quanto è noto che spesso siano prive dei requisiti previsti dalle anche dalle loro leggi dietro la cui copertura dicono di agire. I
migranti, di cui spesso non si conoscono neppure i nomi, a cui non viene data la possibilità di difendersi tramite un avvocato, e di potere telefonare senza essere ascoltati dalle guardie, per lo Stato devono potere essere annientati psicologicamente e fisicamente senza che nessuno se ne avveda in modo che, in futuro, molti cittadini possano dire “non sapevo” e chi tra i migranti è libero, ma in situazione irregolare, viva nel terrore. I democratici preferiscono accontentarsi delle visite, interviste ed interrogazioni inconcludenti (ma utilissime a raccogliere
voti tra chi pensa che l’azione politica consista nell’atto elettorale) rilasciate dagli alacri deputati del centrosinistra e dai loro portaborse.
Tutto questo non è molto diverso da quanto accade nei CPR del resto di Italia ma il CPR di Macomer ha qualcosa in più. Invisibile per chi non voglia vedere, ai solidal* e ai cittadini che vogliano portare supportare i prigionieri è impedito (caso unico in Italia) avvicinarsi a meno di 500 metri dalla struttura, pena fogli di via, denunce, intimidazioni, ritorsioni e quant’altro che il questore Polverino eroga con estrema facilità. Non è necessario commettere qualche reato, alla Questura di Nuoro basta il psicoreato di pensare all’eliminazione dei CPR per agire repentinamente tentando di scoraggiare chi si batte contro questi lager e allo stesso tempo fare in modo che della repressione si parli il meno possibile.
Del resto, gli enormi investimenti in spese militari, forse senza precedenti, che impoveriscono ulteriormente lavoratori e sfruttati, richiedono con urgenza di disporre di un nemico da utilizzare per giustificare ogni macelleria militare e sociale ad un’opinione pubblica stordita dai social e dai bombardamenti mediatici sulla sicurezza. La soluzione più facile, per il sistema e lo Stato che lo serve, è
agire con violenza sui sintomi facendo in modo che le cause, ossia il sistema imperialistico e coloniale, basato sullo sfruttamento sino alla morte dei più poveri e di chi si ribella, non venga colpito. Per questo viene introdotta la categoria del nemico, sia interno che esterno, a cui viene dedicato un diritto penale particolare che colpisce per quello che sei, o pensi, a prescindere da quello che fai. I nuovi reati che vengono introdotti settimanalmente, le misure di prevenzione, il carcere,
la tortura sono un utile monito verso chi non sia ancora convinto di schierarsi dalla parte dello Stato.
In questa logica possiamo spiegare i decreti di guerra, emessi quasi
mensilmente, che rilanciano norme per il controllo ogni dissenso in qualunque forma si manifesti. Fra questi i ddl 1660 e 1004 suscitano moderata indignazione addirittura nella sinistra democratica ma solo perché svelano che il “re è nudo”.
Decreti scritti in maniera ambigua per dare la possibilità ai giudici di interpretarli variando la fattispecie di reato e colpire più pesantemente. Così una manifestazione non autorizzata può, secondo la valutazione dello sbirro e del giudice di turno, diventare un blocco stradale, un rifiuto di ubbidienza alle guardie carcerarie diventare resistenza passiva e quindi essere equiparata alla rivolta contro cui sono stati approntati nuovi corpi speciali di intervento, mentre il possesso di libri che contengano riferimenti ad azioni rivoluzionarie può condurre
all’arresto per terrorismo (il cosiddetto “terrorismo della parola”).
Intanto il tribunale di Sassari continua ad emanare decreti penali di condanna per i compagn* che portano solidarietà ad Alfredo e ai prigionieri di Bancali, a Badu ‘e Carros vengono trasferiti i prigionieri che comunicano con i solidal* anche solo per chiedere libri, mentre a Cagliari e Irgoli vengono detenuti, con operazioni di polizia degne di serie televisive poliziesche, compagni accusati, senza prove, di
rapina.
Se a tutto ciò si aggiungono le norme scritte appositamente per colpire minorenni, poveri, senzatetto e i migranti e per coprire ancora di più qualunque violenza o azione di infiltrazione di sbirri e/o militari, appare chiaro che l’agibilità per chi non si piega si riduce ulteriormente. Questo perché le conseguenze di un’azione che riesca a colpire anche solo simbolicamente il sistema sono il carcere, la tortura e la violenza senza fine come accade per molt* compagn. Non possiamo fingere che a Macomer non succeda niente e scandalizzarci se un’operazione di cui lo Stato è soddisfatto venga riproposta in maniera più sofisticata come accade in Albania. Non possiamo ignorare che diverse picole e medie imprese sarde guadagnano dal CPR. Siamo convinti che l’unico modo per protestare contro le regole sia infrangerle; quanto più il sistema ha paura più cerca di incuterne a chi si oppone, normalizzando l’uso della violenza senza limiti verso chi non si adegua. La libertà non può essere concessa dal potere, la libertà ce la dobbiamo prendere. L’opposizione a tutto questo possiamo farla solo noi, non fermiamoci.

CPR E GALERE SI CHIUDONO CON IL FUOCO TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI LIBERTÀ PER ANNA, ALFREDO, JUAN, PAOLO, JOAN E TUTT I COMPAGN* IN CARCERE E 41 BIS

Anarchicx contro carceri e CPR