Aggiornamento sulla situazione di Paolo

Lunedì 9 giugno ci siamo ritrovati in una piazza del centro di Cagliari per portare solidarietà ai detenutx, al nostro compagno Paolo, in sciopero della fame da più di un mese e per informare sulle condizioni in cui sono costretti a vivere i prigionierx all’interno del carcere, in cui “suicidi”, pestaggi e abusi sono all’ordine del giorno.
Durante il presidio, circondato da camionette di sbirri e digos, abbiamo volantinato e letto comunicati contro il carcere e testi in solidarietà con Paolo.
Possiamo dire che, dopo i colloqui effettuati ieri, Paolo è lucido e forte d’animo, continua lo sciopero della fame decidendo di settimana in settimana come e se proseguirlo. Continua comunque a resistere e non abbassare la testa di fronte ai continui soprusi e provocazioni dell’amministrazione penitenziaria.
Ribadiamo che soltanto rafforzando le lotte anticarcerarie all’esterno della galera possiamo sostenere le rivendicazioni dei prigionierx e impedire che le lotte nate in prigione muoiano in prigione.
Per un mondo senza sfruttatx
Per un mondo senza galere
Tuttx liberx


Anarchicx contro carcere e repressione

SOLIDALI CON PAOLO IN SCIOPERO DELLA FAME. SOLIDALI CON TUTTX LX DETENUTX.


Il pomeriggio di lunedì 2 giugno, un gruppo di circa sessanta compagnx, provenienti da diverse parti d’Italia e d’Europa, si è ritrovato davanti al carcere di Uta (CA) per portare solidarietà allx prigionierx e, soprattutto, per far sentire tutto il proprio calore al compagno Paolo, in sciopero della fame dall’8 maggio per protestare contro le condizioni carcerarie. Paolo è rinchiuso in custodia cautelare da fine ottobre, accusato di rapina.

Ancora una volta, lo Stato, cerca di eliminare in modo subdolo chi non ha mai piegato la testa, né fuori né dentro la galera.

Durante il presidio sono stati intonati cori e slogan, è stata messa musica e sono stati accesi fuochi d’artificio. La risposta dall’interno è stata positiva: non siamo riuscitx a comunicare direttamente, ma dai fischi e dalle urla ci è sembrato che ci fosse una buona partecipazione e condivisione.

Per quasi due ore siamo anche riuscitx a bloccare il cambio turno delle guardie, creando un notevole caos sulla strada.

Siamo tornatx a casa soddisfattx e carichx, contentx che Paolo ci abbia sentito, supportandolo in tutto e per tutto e dandoli la forza di resistere a tutti i soprusi.

PAOLO LIBERO
TUTTX LIBERX

Anarchicx contro carcere e repressione.

A Macomer continua la tortura

Ci giunge la notizia che un prigioniero ieri si è procurato lesioni molto gravi dopo che gli è stato comunicato che l’avrebbero trattenuto per altri tre mesi. Un colpo durissimo, arrivato proprio quando sperava di vedere la fine della sua detenzione.

Oggi, un ragazzo marocchino di 22 anni è salito sul tetto del CPR in segno di protesta ed è ancora lì. Anche a lui è stata rinviata l’udienza di diversi mesi, lasciandolo in un limbo insopportabile. La tortura è anche questa: la speranza di poter uscire, alimentata da attese interminabili, e poi spazzata via da rinvii, silenzi e decisioni arbitrarie. La falsa speranza logora quanto le gabbie di questo lager.

SOLIDALI E COMPLICI CON I PRIGIONIERI IN LOTTA.

Quando apre il circo (mediatico) compaiono i pagliacci, ovvero Ilaria Salis & c. al CPR

Le fatiche da europarlamentare portano Ilaria Salis a visitare CPR e carceri così come altri visitano gli zoo.

La visita a sorpresa (in realtà tutti sapevano da giorni della sua visita) di Ilaria Salis e accompagnatori (che forse alcuni definirebbero fidati valletti) al CPR ha ottenuto i risultati che tutti ci aspettavamo ogni volta che un deputato, un garante o una persona di tale livello politico ed intellettuale visitano un carcere: una piccola visibilità mediatica, utili politicamente ai suoi mentori, e nulla più.

Nell’intervista a youtg.net (perdonateci ci siamo persi la conferenza stampa in cui probabilmente non avrebbe avuto piacere della nostra presenza) l’on. Salis racconta in maniera superficiale ed approssimativa cose e fatti che raccontiamo da molto tempo, omettendone altri che ugualmente abbiamo spesso denunciato. Ma la cosa più grave che la sua preoccupazione sia rivolta alla condizione delle gabbie piuttosto che a quella dei prigionieri, omettendo le loro lotte e la repressione che colpisce loro e chi cerca di sostenerli. Infatti, prima di concludere che a suo parere i cpr vanno chiusi elogia il sistema francese che imprigiona solo per 3 mesi anziché 18 come in Italia, dimenticando che, se il prigioniero è sospettato di terrorismo (ma Bruxelles ha fatto dimenticare alla Salis cosa sono lotte politiche e repressione) può essere trattenuto sino a 7 mesi, meno che in Italia è vero, ma, dal nostro punto di vista, anche un solo minuto di galera è troppo.

La Salis e la coalizione a cui appartiene predicano la chiusura dei cpr, della cui nascita sono responsabili, ma rimangono chiusi nella visione del mondo classista e razzista per cui alle prigioni ci si avvicina solo se autorizzati e, come cantava Jannaci, “per vedere l’effetto che fa”.

Anarchicx contro carcere e repressione

Pro Pauledhu

Riceviamo e pubblichiamo

Pauledhu est carre e sambene nostru pro cussu sa suferentzia pro nois est
manna, l’intendhimus in sas venas e in sa carena, l’intendhimus in d-onzi
passu de s’esistentzia nostra, in sas ideas e in su ki akimus.
Custa sotzietate est semper prus apedicata e prena de divisas e irgribas
de d-onzi zenia, de galeras e aggorros disumanos, ki Pauledhu est
connoskendhe in costas suas; Pauledhu at semper gherratu, kin sa cultura
nostra, contras a sas inzustissias de custu sistema, a s’omologatzione ki
nos keret totu ke pare, e tandho est zustu ki isse diet sa carena sua a sos
corvos de custu potere candho ki sa cultura nostra etotu est posta in
d-unu corrale? A ite potet servire custu patimentu? A kie?
Lu kerimus martire? No! No lu kerimus! Martire pro custa sotzietate
malaida, perdita e kene valores e printzipios, de zente ammiserata,
traitores e drogatos? No! No lu kerimus; lu kerimus comente semper
l’amus connotu, forte, gherratore sekerru e jocantinu. Sos martires non
sono in sa mentalitate nostra, pro cussu su dolore nostru est a lu vider
suferente, in d’una luta a sa sola inintro de unu mundhu kene ispera.

Sos cumpanzos e sas cumpanzas de Nurkuntra.

CON PAOLO IN SCIOPERO DELLA FAME CONTRO TUTTE LE GALERE

CON PAOLO IN SCIOPERO DELLA FAME
CONTRO TUTTE LE GALERE
Il nostro compagno Paolo, prigioniero, in custodia cautelare con l’accusa di rapina dal 23 ottobre scorso, il 25 aprile ha iniziato uno sciopero della fame insieme ad altri prigionieri per protesta contro le condizioni di vita del carcere di Uta, tra le peggiori d’Italia secondo i dati del rapporto periodico del garante nazionale dei detenuti. Ma i numeri non possono rappresentare lo stato di sottile, vera e propria tortura a cui sono sottoposti i prigionieri. L’intervento dei garanti, con le loro vuote ed inutili promesse, ha fatto sì che lo sciopero venisse interrotto dopo meno di una settimana e Paolo lo riprendesse da solo l’8 maggio con il chiaro intento di portarlo sino alla fine.
Paolo condivide con noi l’odio per le galere e la società che le produce e di cui sono l’immagine e non è mai indifferente di fronte alle continue violenze e prevaricazioni degli sbirri. Per lo Stato farlo tacere o eliminarlo serve da monito per chi combatte contro il sistema e per tutti i prigionieri che si ribellano alla galera. Per questo è sottoposto a continue provocazioni e infamie da parte degli sbirri come bloccarli la corrispondenza, l’ingresso di denaro, non permettergli di effettuare le videochiamate con la scusa che non c’è linea, portarlo con grande ritardo ai colloqui, fare cadere, nei secchi in cui lava la roba, libri, corrispondenza e tutto ciò che può rovinarsi, etc.
Tutte queste violenze si aggiungono alla situazione che Paolo denuncia da mesi. Infatti, a Uta, l’acqua non è potabile, non può essere utilizzata neppure per cucinare, dopo che l’amministrazione l’ha mescolata al cloro per eliminare il grave inquinamento da colibatteri fecali che la rende inadatta anche per l’igiene personale. Le celle sovraffollate (sono rinchiusi 140 prigionieri in più della capienza massima) sono chiuse 22 ore al giorno, l’accesso alla biblioteca e al campo di calcetto sono contingentati, le temperature estive raggiungono i 43 gradi, l’assistenza sanitaria è inesistente, le provocazioni degli sbirri sono continue tanto sui prigionieri che sui loro familiari e spesso si traducono in pestaggi.
Una vita di questo genere è insopportabile, per qualunque essere umano, e ancora di più per chi in tutta la sua vita non ha mai piegato la testa ed è sempre stato solidale con i nemici del sistema. Paolo, come Alfredo, ha iniziato, a rischio della vita, una lotta immensa che potrà conseguire risultati solo se siamo in grado di condurre, con la stessa determinazione, una battaglia di solidarietà.
Ribadendo la nostra solidarietà ed il nostro impegno ad estendere la lotta perché l’amministrazione non possa avere pace, ricordiamo ai funzionari, agli sbirri e ai vari garanti, tutti corresponsabili della situazione attuale, che gli oppress* hanno una lunga memoria e che se a Paolo dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene tutte le conseguenze.

Non lasciamo solo Paolo in questa sua battaglia. Chi volesse scrivergli può farlo all’indirizzo: Paolo Todde; C.C. “E. Scalas”; 09068 Uta (CA)

CONTRO LO STATO ASSASSINO, CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE, PAOLO LIBERO, TUTTX LIBERX

Anarchicx contro carcere e repressione

MACOMER: TRASFERIMENTI AL CPR IN ALBANIA

Oggi alle 7 del mattino sono entrati una ventina di agenti in antisommossa dentro il blocco destro e sinistro del CPR di Macomer. Hanno preso con la forza 8 persone, per trasferirle in Albania.

La macchina razzista dello Stato continua il suo sporco lavoro di deportazione. Il nuovo lager sorto in Albania, gestito dalla cooperativa Medihospes, può recludere fino a 144 persone destinate al rimpatrio.

Le deportazioni fanno ingrassare anche le pance di compagnie aeree come Aeroitalia, AirMediterranean, AlbaStar e Smartwings che organizzano appositi voli charter, lucrando sulle espulsioni e sui trasferimenti da un CPR all’altro. Per compiere quest’operazione vengono usati anche aeri di linea. Sappiamo di voli interrotti grazie alla lotta degli stessi detenuti, che sono riusciti a far bloccare la partenza una volta a bordo. Infatti, spesso, le persone oggetto di espulsione o trasferimento vengono sedate. Quindi è nostra responsabilità cercare di inceppare questo tassello della macchina razzista, nel caso dovessimo trovare degli indizi di una deportazione in atto. Di seguito alcune info utili a riguardo:

“Un aereo non può decollare se ogni passeggero non è seduto con le cinture di sicurezza allacciate.
Un modo per ritardare la partenza, chiedendo lo sbarco della persona in stato di trattenimento coatto, è rimanendo in piedi nell’aeromobile, impedendo così la partenza fino all’ottenimento della richiesta di discesa!

Se quando sali su un aereo vedi:
– Pattuglie delle forze dell’ordine fuori (affianco o difronte) dall’aereo;
– Una persona razzializzata, nera o est-europea, seduta nell’aeromobile con affianco 2 brutti ceffi;
Sappi che è altamente probabile che sia in corso una deportazione.”

RESISTERE ALLE DEPORTAZIONI: racconto in messaggistica istantanea di una deportazione bloccata

CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO, BLOCCARE LA MACCHINA DELLE ESPULSIONI È POSSIBILE.


DAVANTI AL DOLORE DEGLI ALTRI

DAVANTI AL DOLORE DEGLI ALTRI
L’altro è considerato soltanto qualcuno da vedere, e non uno che (come noi) vede.
(Susan Sontag)
Le foto pubblicate dai giornali sulla terribile protesta messa in atto nei giorni scorsi da un prigioniero sembra abbiano smosso giornalisti locali, l’ineffabile garante Irene Testa e si dice anche il Prefetto di Nuoro. Davanti al dolore degli altri molti fingono di cercare rimedio, qualcuno si indigna e fa inutili interrogazioni parlamentari e rilascia dichiarazioni ai giornali. Ci stupisce tanta meraviglia, visto che questi fatti accadono quotidianamente, anche se è facile comprendere che cercano di nascondere le frequenti rivolte e le pesanti repressioni che ne conseguono e che da tempo denunciamo nonostante cerchino di ostacolarci con tutti i mezzi a disposizione degli sbirri.
La garante Irene Testa ripete sempre ai giornali di essere informata di tali fatti, su cui non si sa perché taccia, e si chiede su facebook perché lo Stato sprechi denaro tenendo le persone chiuse in CPR se poi non riesce a rimpatriarle (sic!). “L’insegnante di balli di gruppo” Elizabeth Rijo, colei che dice di dover trasformare i cpr in luoghi di villeggiatura, sembra che abbia preparato una lista delle cose da cambiare promettendo miglioramenti in cambio del termine dello sciopero della fame. Non riesce a capire che ai prigionieri non gli importa niente dei miglioramenti, perché nessuna miglioria ti restituisce la libertà che lo Stato e i suoi servi gli tolgono.
La modalità d’azione dei garanti è sempre la stessa, intervengono con promesse tentando di placare gli animi per poi rientrare nella loro inerzia di sempre, mentre l’ing. Rijo , nella sua funzione di “sbirro in carriera”, che non è in grado di vedere la rabbia e la sofferenza dei prigionieri, può continuare a mentire promettendo miglioramenti che non può dare perché i CPR sono nati per torturare ed annientare.
Garanti e politici confondono la lettura della realtà auspicando cambiamenti, alleggerimenti, chiusura di alcuni dei centri operativi per un trasferimento in Albania (che allontanerebbe il problema e ne alleggerirebbe le coscienze) Secondo la logica del decreto sicurezza che, in fondo in fondo piace a tutti loro, si incomincia dai daspo o dall’uso delle misure preventive a pioggia per finire, nel prossimo futuro, con la detenzione amministrativa per chiunque si opponga al sistema. Tutti coloro che pensano che i CPR siano un incidente di percorso nella logica repressiva dovrebbero capire che invece son segno della creatività del sistema al fine dell’annientamento del nemico, chiunque esso sia.
Chi lotta nei CPR, lotta anche per noi. Sosteniamo le loro lotte e le loro rivendicazioni.
I CPR si chiudono con il fuoco. Tuttx liberx.
Anarchicx contro carcere e repressione

NOI LA CHIAMIAMO TORTURA

NOI LA CHIAMIAMO TORTURA
Aggiornamenti dai prigionieri del carcere di Uta
Poco importa se uno combatte da solo o se combattono in centomila; se uno s’accorge di dover combattere, combatte, e poco importa che abbia o no compagni di lotta. Io dovevo combattere e tornerei a farlo. (H. Fallada)
Il 25 aprile scorso i prigionieri del carcere di Uta hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare per le condizioni di vita nel carcere, vere e proprie forme neppure tanto sottili di tortura. Tra le tante ragioni della protesta saltava subito all’occhio quella per l’acqua dei rubinetti del carcere, tanto piena di colibatteri fecali da rendere rischioso persino utilizzarla per lavarsi.
I solidali hanno subito iniziato una campagna di supporto alla lotta, sia tra i familiari dei detenuti all’esterno della prigione (che l’amministrazione carceraria ha dimostrato con modi “fisici” di non gradire), che nelle piazze di Cagliari, tanto da riuscire a far uscire la notizia dello sciopero nel maggiore quotidiano locale sardo.
Per evitare ulteriori danni all’immagine dell’amministrazione sono intervenuti immediatamente Gianni Loy, garante della città metropolitana, e Irene Testa, garante regionale (chiamati in causa nel documento dei prigionieri per la loro totale assenza), che hanno incontrato alcuni prigionieri, hanno misurato le dimensioni delle celle e hanno dichiarato alla stampa, come sempre, di essere a conoscenza da tempo della grave situazione che promettevano di risolvere nel giro di una settimana. I prigionieri hanno interrotto lo sciopero in attesa dei risultati promessi e mentre Irene Testa è tornata alla sua occupazione abituale (convegni, dichiarazioni alla stampa e totale indifferenza verso le richieste dei prigionieri), Gianni Loy è giunto addirittura (sic!) a chiedere il ripristino del reparto ospedaliero nel carcere aprendovi però finestre (sinora assenti), naturalmente chiuse da sbarre. Ha completato l’opera l’amministrazione penitenziaria “risolvendo” il problema dell’acqua non potabile mescolandola a tanto cloro da renderla inutilizzabile anche per cucinare. Questa mossa, che ha come conseguenza principale che i detenuti con meno disponibilità economica abbiano difficoltà anche per cucinare. Noi la chiamiamo TORTURA, una tortura moderna di quelle che non lascia segni visibili, quella che alcuni sociologi chiamano “autoinflitta” perché le vittime possono pensare di esserne la causa diretta e non attribuirla a coloro che la praticano.
L’amministrazione penitenziaria supportata dai garanti (che nei giorni scorsi hanno espresso alla stampa “vivo apprezzamento” per la recente nomina di Pietro Borrutto che sostituisce Marco Porcu, di cui non sentiremo la mancanza, come direttore di Uta) ha agito tentando di dividere e scoraggiare i prigionieri in lotta ma, nonostante questo, alcuni di loro hanno ripreso e continuano lo sciopero della fame mettendo a rischio la loro vita.
Da parte nostra, oltre a ribadire la nostra solidarietà ed il nostro impegno a portare la lotta oltre le sbarre, convinti che sino a quando anche un solo prigioniero continua la lotta l’amministrazione non dovrà e non potrà avere pace, ricordiamo ai solerti garanti, corresponsabili con i loro silenzi e mediazioni della situazione attuale, che, se ad un solo prigioniero in sciopero dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene responsabilità ed oneri.
Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità.
TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI
CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE

Anarchicx contro carcere e repressione