Le fatiche da europarlamentare portano Ilaria Salis a visitare CPR e carceri così come altri visitano gli zoo.
La visita a sorpresa (in realtà tutti sapevano da giorni della sua visita) di Ilaria Salis e accompagnatori (che forse alcuni definirebbero fidati valletti) al CPR ha ottenuto i risultati che tutti ci aspettavamo ogni volta che un deputato, un garante o una persona di tale livello politico ed intellettuale visitano un carcere: una piccola visibilità mediatica, utili politicamente ai suoi mentori, e nulla più.
Nell’intervista a youtg.net (perdonateci ci siamo persi la conferenza stampa in cui probabilmente non avrebbe avuto piacere della nostra presenza) l’on. Salis racconta in maniera superficiale ed approssimativa cose e fatti che raccontiamo da molto tempo, omettendone altri che ugualmente abbiamo spesso denunciato. Ma la cosa più grave che la sua preoccupazione sia rivolta alla condizione delle gabbie piuttosto che a quella dei prigionieri, omettendo le loro lotte e la repressione che colpisce loro e chi cerca di sostenerli. Infatti, prima di concludere che a suo parere i cpr vanno chiusi elogia il sistema francese che imprigiona solo per 3 mesi anziché 18 come in Italia, dimenticando che, se il prigioniero è sospettato di terrorismo (ma Bruxelles ha fatto dimenticare alla Salis cosa sono lotte politiche e repressione) può essere trattenuto sino a 7 mesi, meno che in Italia è vero, ma, dal nostro punto di vista, anche un solo minuto di galera è troppo.
La Salis e la coalizione a cui appartiene predicano la chiusura dei cpr, della cui nascita sono responsabili, ma rimangono chiusi nella visione del mondo classista e razzista per cui alle prigioni ci si avvicina solo se autorizzati e, come cantava Jannaci, “per vedere l’effetto che fa”.
DAVANTI AL DOLORE DEGLI ALTRI L’altro è considerato soltanto qualcuno da vedere, e non uno che (come noi) vede. (Susan Sontag) Le foto pubblicate dai giornali sulla terribile protesta messa in atto nei giorni scorsi da un prigioniero sembra abbiano smosso giornalisti locali, l’ineffabile garante Irene Testa e si dice anche il Prefetto di Nuoro. Davanti al dolore degli altri molti fingono di cercare rimedio, qualcuno si indigna e fa inutili interrogazioni parlamentari e rilascia dichiarazioni ai giornali. Ci stupisce tanta meraviglia, visto che questi fatti accadono quotidianamente, anche se è facile comprendere che cercano di nascondere le frequenti rivolte e le pesanti repressioni che ne conseguono e che da tempo denunciamo nonostante cerchino di ostacolarci con tutti i mezzi a disposizione degli sbirri. La garante Irene Testa ripete sempre ai giornali di essere informata di tali fatti, su cui non si sa perché taccia, e si chiede su facebook perché lo Stato sprechi denaro tenendo le persone chiuse in CPR se poi non riesce a rimpatriarle (sic!). “L’insegnante di balli di gruppo” Elizabeth Rijo, colei che dice di dover trasformare i cpr in luoghi di villeggiatura, sembra che abbia preparato una lista delle cose da cambiare promettendo miglioramenti in cambio del termine dello sciopero della fame. Non riesce a capire che ai prigionieri non gli importa niente dei miglioramenti, perché nessuna miglioria ti restituisce la libertà che lo Stato e i suoi servi gli tolgono. La modalità d’azione dei garanti è sempre la stessa, intervengono con promesse tentando di placare gli animi per poi rientrare nella loro inerzia di sempre, mentre l’ing. Rijo , nella sua funzione di “sbirro in carriera”, che non è in grado di vedere la rabbia e la sofferenza dei prigionieri, può continuare a mentire promettendo miglioramenti che non può dare perché i CPR sono nati per torturare ed annientare. Garanti e politici confondono la lettura della realtà auspicando cambiamenti, alleggerimenti, chiusura di alcuni dei centri operativi per un trasferimento in Albania (che allontanerebbe il problema e ne alleggerirebbe le coscienze) Secondo la logica del decreto sicurezza che, in fondo in fondo piace a tutti loro, si incomincia dai daspo o dall’uso delle misure preventive a pioggia per finire, nel prossimo futuro, con la detenzione amministrativa per chiunque si opponga al sistema. Tutti coloro che pensano che i CPR siano un incidente di percorso nella logica repressiva dovrebbero capire che invece son segno della creatività del sistema al fine dell’annientamento del nemico, chiunque esso sia. Chi lotta nei CPR, lotta anche per noi. Sosteniamo le loro lotte e le loro rivendicazioni. I CPR si chiudono con il fuoco. Tuttx liberx. Anarchicx contro carcere e repressione
Due ragazzi algerini che hanno iniziato la protesta del cibo a Macomer, innescando una potenziale rivolta, sono stati immediatamente trasferiti, prima a Roma, poi a Bari e sabato scorso in Albania. Chi non abbassa la testa dentro i cpr, viene subito portato via, per evitare possibili rivolte. Questo non ha fermato i prigionieri, alcuni di loro (un intero blocco) rifiuta il cibo da una settimana. In un altro blocco hanno riiniziato a mangiare domenica, perché la gestione li ha convinti che il cibo sarebbe migliorato; invece, ieri è arrivato di nuovo marcio e puzzolente, quindi l’hanno rifiutato un’altra volta. Questo è uno dei tanti motivi della protesta, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tre ragazzi hanno delle fratture, due alla gamba e uno alla schiena, non hanno neanche le stampelle. L’acqua è poca, l’assistenza medica è praticamente assente. Chi è stato in altre carceri e CPR dice che un posto del genere non l’ha mai visto. Alcuni non dovrebbero essere in detenzione perché convivono con un’italiana. In altri CPR per lo stesso motivo sono stati liberati; a Macomer, invece, esiste una prassi di udienze ritardate (di competenza dei giudici di pace del tribunale di Oristano), la macchina burocratica, complice del razzismo di Stato, allunga la loro tortura. Ieri due ragazzi che hanno ricevuto la notizia dell’ennesimo rinvio dell’udienza, si sono lesionati con un taglierino, uno di loro si è cucito la bocca con del filo di ferro.
Questi fatti stanno accadendo a Macomer dove è operativo un lager, un buco nero in cui può finire qualunque migrante che sia privo di documenti ed incappi in uno dei periodici rastrellamenti effettuati per le strade della Sardegna o inviatovi, a fini punitivi, da altre strutture analoghe presenti nel resto d’Italia. La struttura, già dichiarata non idonea dalla CEDU, è esposta al caldo e al freddo, con alcune celle sotto il livello stradale.
I prigionieri di cui spesso non si conoscono neppure i nomi, possono disporre solo di avvocati indicati dalla struttura anche per le difficoltà nelle comunicazioni con l’esterno perché spesso non hanno schede telefoniche o devono chiamare ascoltati dagli operatori. Al loro arrivo frequentemente non vengono dati né scarpe, né vestiti, né coperte, sono costretti a vivere in celle con bagni senza porte e senza acqua calda, con “sale” ricreative senza sedie (sedie e porte sono per lo Stato sono possibili corpi contundenti in caso di rivolta).
Questo sistema di tortura funziona con la complicità di molte piccole imprese in grande maggioranza della provincia di Nuoro e di coloro che da tutta la Sardegna partecipano, a Macomer, ad iniziative “culturali” e festival tacendo volutamente la realtà del CPR-lager a pochi metri. Le “cooperative” che gestiscono la struttura sono scelte dalla Prefettura di Nuoro, in base a criteri assolutamente bizzarri anche per le leggi dietro la cui copertura dicono di operare. L’attuale coordinatrice del CPR Elizabeth Rijo, colei che ha dichiarato alla RAI di voler “organizzare corsi di ballo di gruppo” (sic!) per i prigionieri, è fresca di candidatura con il centro sinistra e di collaborazioni con il terzo settore sardo.
Il CPR di Macomer si distingue dal resto dei CPR italiani. Nascosto alla vista e sorvegliato da polizia, carabinieri, finanza ed esercito. Nessuna protesta è permessa a meno di 500 m dalla struttura. Il questore di Nuoro Polverino emette fogli di via per tutti i solidal* che non rinunciano ad avvicinarsi alla struttura per comunicare con i prigionieri e tenta di spaventarli con denunce, intimidazioni, sequestro di qualsiasi cosa abbiano con sé, ritorsioni.
Nel carcere di Cagliari, che dai rapporti ufficiali risulta tra i peggiori d’Italia per la sofferenza dei prigionieri (tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, proteste, etc.), è in corso uno sciopero della fame posto in atto da diversi prigionieri motivati da un elenco senza fine di fatti gravi. La denuncia più eclatante riguarda l’acqua per bere e per lavarsi che è talmente piena di colibatteri fecali da rappresentare un grave rischio per la salute di chi la utilizza.
Non ci aspettiamo che questi racconti provochino indignazione, la sola l’indignazione senza un’azione conseguente è poca cosa. È ipocrisia per lavarsi la coscienza, da lasciare ai vari deputati del centrosinistra, ai garanti dei detenuti, etc. che periodicamente si presentano, nelle varie strutture e in situazioni pubbliche, per rilasciare interviste e dichiarazioni assolutamente vuote (ma utilissime a raccogliere voti tra chi pensa che l’azione politica consista nell’atto elettorale). Pasquale ci racconta che le rivolte che hanno posto fine al lager dell’Asinara sono state possibili anche grazie a chi era solidale dall’esterno. Crediamo che essere solidali, nonostante la repressione, sia una scelta politica che è sempre anche ideologica ed etica. Il filosofo Karl Jaspers ottanta anni fa scrisse che “C’è tra gli uomini come tali una sorta di solidarietà, la quale fa sì che ciascuno sia in un certo senso corresponsabile per tutte le ingiustizie e i torti che si verificano nel mondo, specialmente per quei delitti che hanno luogo in sua presenza o con la sua consapevolezza. Quando uno non fa tutto il possibile per impedirli diventa anche lui colpevole”. Abbiamo bisogno della fantasia e della creatività di ognuno per costruire un mondo senza galere.
Giovedì 1/5 un gruppo di solidali ha deciso di portare solidarietà ai reclusi del Cpr di Bari Palese, questa è una breve cronaca della giornata: da dentro ci dicono che un ragazzo in sciopero della fame da 7 giorni ha bevuto dello shampoo.
Abbiamo chiamato il 118 ma ci hanno risposto che solo la polizia può chiamare i soccorsi
In risposta non è arrivata l’ambulanza ma un’altra camionetta di celere per sedare i disordini in corso
Dopo le pressioni fatte al 118 e alla Digos che si è presentata sul posto è arrivata un’ambulanza per il ragazzo che ha chiesto aiuto. Abbiamo aspettato che l’ambulanza uscisse prima di andare via. Sicuramente il ragazzo era dentro, lx operatorx del pronto soccorso ci hanno fatto segno col pollice in su e sono andatx via con le sirene spiegate. Seguiranno aggiornamenti.
Venerdì 21 marzo, ancora una volta, c’è stata la visita istituzionale al CPR di Macomer. Non è la prima volta che delle così dette “cariche pubbliche” entrano lì dentro per osservare le condizioni dei detenuti (che loro chiamano “ospiti”). Nei mesi scorsi diversi sopralluoghi sono stati fatti dalla deputata di Avs Francesca Ghirra. Anche lei sostiene che i CPR sono luoghi disumani che non dovrebbero esistere, ma poi nella pratica cosa fa? Un esposto alla Procura di Nuoro, per spingere la magistratura a verificare la corretta attuazione dell’appalto da parte dell’ente gestore. Una segnalazione inutile e diretta ad una magistratura funzionale al sistema. Inoltre, la deputata, ha fatto delle interrogazioni parlamentari assolutamente risibili, giusto per poter dire prima delle elezioni di aver fatto qualcosa. Di stesse vedute sono l’assessore regionale alla sanità della Sardegna, Armando Bertolazzi, e la senatrice Sabrina Licheri, che due settimane fa hanno visitato il centro: apprezzano i “notevoli miglioramenti nella gestione degli ospiti, però segnalano delle criticità ancora da superare”. L’assessore suggerisce di attivare un reparto di medicina specialistica e l’acquisizione di un defibrillatore.
Queste dichiarazioni faranno contenta la nuova direttrice, Elizabeth Rijo, responsabile di Officine Sociali in Sardegna. Nel suo sito di propaganda (https://elizabethrijo.org/), fatto al tempo in cui si candidò alle ultime regionali sarde, si legge: “Sostengo quelle persone che animano i comitati per la difesa della sanità, le lotte contro l’occupazione militare, le lotte per la valorizzazione del lavoro agricolo, le lotte per la difesa dei posti di lavoro ed i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglie per le scuole e le università accessibili e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono la nostra quotidianità.”
Nella trasmissione RAI “Presa Diretta” del 6/04/25, in cui le omissioni erano più delle rivelazioni appaiono sia la Ghirra che la Rijo. Per la Ghirra, incapace di intervenire di fronte a un tentativo di suicidio di un prigioniero che avviene durante la sua visita non sprechiamo parole, per la Rijo il cui progetto è organizzare corsi di ballo per i prigionieri, in perfetto stile nazista, osserviamo che se una persona come lei gestisce il cpr di Macomer possiamo essere sicuri (sic!) che qualcuno penserà a migliorare le condizioni degli ospiti tenendo conto delle LORO lotte quotidiane. Le associazioni del terzo settore sedicenti antirazziste dovranno rispondere politicamente dei rapporti che eventualmente sceglieranno di intrattenere con questa kapó patetica. Che dire, infine di Rita Porcu, l’infermiera che stragiura che a Macomer gli psicofarmaci non vengono mescolati nel cibo ma vengono somministrati su richiesta dei detenuti che si sa magari li useranno per sopperire alla crisi di astinenza da corsi di ballo.
Noi sappiamo che i detenuti, reclusi perché privi di documenti, non hanno visto alcun miglioramento. Hanno 3 telefoni per più di 50 persone, non posseggono le schede adatte per chiamare in Africa, quindi sentire le famiglie (quelle che hanno, qualcuno le ha mandate da fuori). Non hanno acqua calda. C’è la storia di un ragazzo, che dopo aver scontato un anno e mezzo in carcere, è stato portato al CPR, con l’inganno che, se si fosse comportato bene, sarebbe uscito dopo pochi giorni. Poi il giudice dice di non essere riuscita a leggere dei documenti del suo avvocato; quindi, gli ha spostato l’udienza di tre mesi. Un altro recluso che ha avuto l’ennesimo rinvio dell’udienza, per protesta, ha tentato di uccidersi tagliandosi sul collo. Un ragazzo è riuscito a farsi fare una spesa alimentare, questa poi è sparita. È andato a reclamarla dagli operatori e uno di questi l’ha picchiato. Li perquisiscono. Dormono tanto, sono sempre stanchi (sarà effetto del cibo migliore?). Dicono: “ci stanno uccidendo lentamente”.
Alla faccia dei miglioramenti, alla faccia delle belle parole dei soliti politicanti di turno.
Condividiamo delle foto che uno dei detenuti vorrebbe divulgare. Questi tagli sul collo non sono di una vittima, ma di una persona che si sta ribellando alla sua reclusione. Pur di non stare lì dentro, alcuni, sono pronti a morire.
Quello che vuole fare Officine è cercare di cambiare volto indossano nuove maschere, quelle che piacciono alla sinistra istituzionale e al suo carrozzone associazionista. I politici in visita al centro, volenti (sempre) o nolenti (mai), fanno il loro gioco. Così la destra può vantare l’efficacia dei CPR e la sinistra è sempre più tollerante, visti i miglioramenti delle condizioni degli “ospiti”, e si limita a lamentare l’inefficacia della politica dei rimpatri a fronte delle somme spese. Il risultato è che questo business, fatto sulla pelle dei reclusi, è sempre alimentato, e che questi lager non chiudono, ma vogliono apparire “lager migliori” (ricordate il lager di Terezin con le orchestrine di prigionieri organizzate dai nazisti in occasione delle visite della Croce Rossa?)
Ce l’hanno insegnato le stesse persone recluse come si migliorano i cpr: bruciandoli, e successo a Torino e speriamo che la pratica si diffonda, solo loro possono guadagnare la propria libertà. Noi continuiamo a rafforzare il ponte di solidarietà che abbiamo costruito con loro, tornando lì davanti. L’abbiamo fatto domenica 30 marzo, nonostante il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, cerca di intimorirci con avvisi orali, fogli di via e relative denunce per la violazione di questi. Questa volta il livello dello scontro si è alzato, la risposta delle guardie è stata più forte e noi abbiamo comunicato con i detenuti per poco tempo, tentano di allontanarci per sempre con altre denunce, altri fogli di via. Mantenere il contatto con i prigionieri sta diventando sempre più difficile, ma noi crediamo che si debba essere solidali con chi lotta per la propria libertà, è una nostra scelta ideologica, politica, etica. Per questo ci vedremo di nuovo fuori da quel lager, solidali con chi è dentro, sino a quando non saranno tutti liberi.
La sinistra ipocrita, che stigmatizza il CPR in Albania, dimentica non solo che i CPR sono stati introdotti da importanti personalità del PD al servizio dell’imperialismo ma anche che il paradigma che porta al CPR albanese è lo stesso del CPR presente a Macomer. Quest’ultimo è utilizzato perlopiù a scopo punitivo (i migranti più riottosi vengono rinchiusi negli ancora più punitivi famigerati moduli B e C), un tempo carcere speciale durante il periodo degli attentati attribuiti agli islamici, chiuso e riutilizzato per i migranti in detenzione amministrativa. Situato in un avvallamento nella zona industriale della cittadina, fortemente militarizzata sin dal dopoguerra, esposto al caldo e al freddo, con molte celle sotto il livello stradale, ai prigionieri non vengono dati né scarpe, né vestiti, né coperte, e sono costretti a vivere in celle con bagni senza porte, con “sale” esterne alle celle senza la possibilità di sedersi (sedie e porte potrebbero secondo lo Stato essere utilizzati come corpi contundenti in caso di rivolta), e a nutrirsi con cibi schifosi e psicofarmaci, controllati da un personale che può usare contro di essi la violenza più bestiale in quanto protetto da polizia, carabinieri, guardia di finanza ed esercito. Tutto questo mentre le società o “cooperative” che gestiscono a turno la struttura, vengono scelte dalla Prefettura di Nuoro, in base a criteri incomprensibili in quanto è noto che spesso siano prive dei requisiti previsti dalle anche dalle loro leggi dietro la cui copertura dicono di agire. I migranti, di cui spesso non si conoscono neppure i nomi, a cui non viene data la possibilità di difendersi tramite un avvocato, e di potere telefonare senza essere ascoltati dalle guardie, per lo Stato devono potere essere annientati psicologicamente e fisicamente senza che nessuno se ne avveda in modo che, in futuro, molti cittadini possano dire “non sapevo” e chi tra i migranti è libero, ma in situazione irregolare, viva nel terrore. I democratici preferiscono accontentarsi delle visite, interviste ed interrogazioni inconcludenti (ma utilissime a raccogliere voti tra chi pensa che l’azione politica consista nell’atto elettorale) rilasciate dagli alacri deputati del centrosinistra e dai loro portaborse. Tutto questo non è molto diverso da quanto accade nei CPR del resto di Italia ma il CPR di Macomer ha qualcosa in più. Invisibile per chi non voglia vedere, ai solidal* e ai cittadini che vogliano portare supportare i prigionieri è impedito (caso unico in Italia) avvicinarsi a meno di 500 metri dalla struttura, pena fogli di via, denunce, intimidazioni, ritorsioni e quant’altro che il questore Polverino eroga con estrema facilità. Non è necessario commettere qualche reato, alla Questura di Nuoro basta il psicoreato di pensare all’eliminazione dei CPR per agire repentinamente tentando di scoraggiare chi si batte contro questi lager e allo stesso tempo fare in modo che della repressione si parli il meno possibile. Del resto, gli enormi investimenti in spese militari, forse senza precedenti, che impoveriscono ulteriormente lavoratori e sfruttati, richiedono con urgenza di disporre di un nemico da utilizzare per giustificare ogni macelleria militare e sociale ad un’opinione pubblica stordita dai social e dai bombardamenti mediatici sulla sicurezza. La soluzione più facile, per il sistema e lo Stato che lo serve, è agire con violenza sui sintomi facendo in modo che le cause, ossia il sistema imperialistico e coloniale, basato sullo sfruttamento sino alla morte dei più poveri e di chi si ribella, non venga colpito. Per questo viene introdotta la categoria del nemico, sia interno che esterno, a cui viene dedicato un diritto penale particolare che colpisce per quello che sei, o pensi, a prescindere da quello che fai. I nuovi reati che vengono introdotti settimanalmente, le misure di prevenzione, il carcere, la tortura sono un utile monito verso chi non sia ancora convinto di schierarsi dalla parte dello Stato. In questa logica possiamo spiegare i decreti di guerra, emessi quasi mensilmente, che rilanciano norme per il controllo ogni dissenso in qualunque forma si manifesti. Fra questi i ddl 1660 e 1004 suscitano moderata indignazione addirittura nella sinistra democratica ma solo perché svelano che il “re è nudo”. Decreti scritti in maniera ambigua per dare la possibilità ai giudici di interpretarli variando la fattispecie di reato e colpire più pesantemente. Così una manifestazione non autorizzata può, secondo la valutazione dello sbirro e del giudice di turno, diventare un blocco stradale, un rifiuto di ubbidienza alle guardie carcerarie diventare resistenza passiva e quindi essere equiparata alla rivolta contro cui sono stati approntati nuovi corpi speciali di intervento, mentre il possesso di libri che contengano riferimenti ad azioni rivoluzionarie può condurre all’arresto per terrorismo (il cosiddetto “terrorismo della parola”). Intanto il tribunale di Sassari continua ad emanare decreti penali di condanna per i compagn* che portano solidarietà ad Alfredo e ai prigionieri di Bancali, a Badu ‘e Carros vengono trasferiti i prigionieri che comunicano con i solidal* anche solo per chiedere libri, mentre a Cagliari e Irgoli vengono detenuti, con operazioni di polizia degne di serie televisive poliziesche, compagni accusati, senza prove, di rapina. Se a tutto ciò si aggiungono le norme scritte appositamente per colpire minorenni, poveri, senzatetto e i migranti e per coprire ancora di più qualunque violenza o azione di infiltrazione di sbirri e/o militari, appare chiaro che l’agibilità per chi non si piega si riduce ulteriormente. Questo perché le conseguenze di un’azione che riesca a colpire anche solo simbolicamente il sistema sono il carcere, la tortura e la violenza senza fine come accade per molt* compagn. Non possiamo fingere che a Macomer non succeda niente e scandalizzarci se un’operazione di cui lo Stato è soddisfatto venga riproposta in maniera più sofisticata come accade in Albania. Non possiamo ignorare che diverse picole e medie imprese sarde guadagnano dal CPR. Siamo convinti che l’unico modo per protestare contro le regole sia infrangerle; quanto più il sistema ha paura più cerca di incuterne a chi si oppone, normalizzando l’uso della violenza senza limiti verso chi non si adegua. La libertà non può essere concessa dal potere, la libertà ce la dobbiamo prendere. L’opposizione a tutto questo possiamo farla solo noi, non fermiamoci.
CPR E GALERE SI CHIUDONO CON IL FUOCO TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI LIBERTÀ PER ANNA, ALFREDO, JUAN, PAOLO, JOAN E TUTT I COMPAGN* IN CARCERE E 41 BIS