Aggiornamento sulla situazione di Paolo

Lunedì 9 giugno ci siamo ritrovati in una piazza del centro di Cagliari per portare solidarietà ai detenutx, al nostro compagno Paolo, in sciopero della fame da più di un mese e per informare sulle condizioni in cui sono costretti a vivere i prigionierx all’interno del carcere, in cui “suicidi”, pestaggi e abusi sono all’ordine del giorno.
Durante il presidio, circondato da camionette di sbirri e digos, abbiamo volantinato e letto comunicati contro il carcere e testi in solidarietà con Paolo.
Possiamo dire che, dopo i colloqui effettuati ieri, Paolo è lucido e forte d’animo, continua lo sciopero della fame decidendo di settimana in settimana come e se proseguirlo. Continua comunque a resistere e non abbassare la testa di fronte ai continui soprusi e provocazioni dell’amministrazione penitenziaria.
Ribadiamo che soltanto rafforzando le lotte anticarcerarie all’esterno della galera possiamo sostenere le rivendicazioni dei prigionierx e impedire che le lotte nate in prigione muoiano in prigione.
Per un mondo senza sfruttatx
Per un mondo senza galere
Tuttx liberx


Anarchicx contro carcere e repressione

Pro Pauledhu

Riceviamo e pubblichiamo

Pauledhu est carre e sambene nostru pro cussu sa suferentzia pro nois est
manna, l’intendhimus in sas venas e in sa carena, l’intendhimus in d-onzi
passu de s’esistentzia nostra, in sas ideas e in su ki akimus.
Custa sotzietate est semper prus apedicata e prena de divisas e irgribas
de d-onzi zenia, de galeras e aggorros disumanos, ki Pauledhu est
connoskendhe in costas suas; Pauledhu at semper gherratu, kin sa cultura
nostra, contras a sas inzustissias de custu sistema, a s’omologatzione ki
nos keret totu ke pare, e tandho est zustu ki isse diet sa carena sua a sos
corvos de custu potere candho ki sa cultura nostra etotu est posta in
d-unu corrale? A ite potet servire custu patimentu? A kie?
Lu kerimus martire? No! No lu kerimus! Martire pro custa sotzietate
malaida, perdita e kene valores e printzipios, de zente ammiserata,
traitores e drogatos? No! No lu kerimus; lu kerimus comente semper
l’amus connotu, forte, gherratore sekerru e jocantinu. Sos martires non
sono in sa mentalitate nostra, pro cussu su dolore nostru est a lu vider
suferente, in d’una luta a sa sola inintro de unu mundhu kene ispera.

Sos cumpanzos e sas cumpanzas de Nurkuntra.

CON PAOLO IN SCIOPERO DELLA FAME CONTRO TUTTE LE GALERE

CON PAOLO IN SCIOPERO DELLA FAME
CONTRO TUTTE LE GALERE
Il nostro compagno Paolo, prigioniero, in custodia cautelare con l’accusa di rapina dal 23 ottobre scorso, il 25 aprile ha iniziato uno sciopero della fame insieme ad altri prigionieri per protesta contro le condizioni di vita del carcere di Uta, tra le peggiori d’Italia secondo i dati del rapporto periodico del garante nazionale dei detenuti. Ma i numeri non possono rappresentare lo stato di sottile, vera e propria tortura a cui sono sottoposti i prigionieri. L’intervento dei garanti, con le loro vuote ed inutili promesse, ha fatto sì che lo sciopero venisse interrotto dopo meno di una settimana e Paolo lo riprendesse da solo l’8 maggio con il chiaro intento di portarlo sino alla fine.
Paolo condivide con noi l’odio per le galere e la società che le produce e di cui sono l’immagine e non è mai indifferente di fronte alle continue violenze e prevaricazioni degli sbirri. Per lo Stato farlo tacere o eliminarlo serve da monito per chi combatte contro il sistema e per tutti i prigionieri che si ribellano alla galera. Per questo è sottoposto a continue provocazioni e infamie da parte degli sbirri come bloccarli la corrispondenza, l’ingresso di denaro, non permettergli di effettuare le videochiamate con la scusa che non c’è linea, portarlo con grande ritardo ai colloqui, fare cadere, nei secchi in cui lava la roba, libri, corrispondenza e tutto ciò che può rovinarsi, etc.
Tutte queste violenze si aggiungono alla situazione che Paolo denuncia da mesi. Infatti, a Uta, l’acqua non è potabile, non può essere utilizzata neppure per cucinare, dopo che l’amministrazione l’ha mescolata al cloro per eliminare il grave inquinamento da colibatteri fecali che la rende inadatta anche per l’igiene personale. Le celle sovraffollate (sono rinchiusi 140 prigionieri in più della capienza massima) sono chiuse 22 ore al giorno, l’accesso alla biblioteca e al campo di calcetto sono contingentati, le temperature estive raggiungono i 43 gradi, l’assistenza sanitaria è inesistente, le provocazioni degli sbirri sono continue tanto sui prigionieri che sui loro familiari e spesso si traducono in pestaggi.
Una vita di questo genere è insopportabile, per qualunque essere umano, e ancora di più per chi in tutta la sua vita non ha mai piegato la testa ed è sempre stato solidale con i nemici del sistema. Paolo, come Alfredo, ha iniziato, a rischio della vita, una lotta immensa che potrà conseguire risultati solo se siamo in grado di condurre, con la stessa determinazione, una battaglia di solidarietà.
Ribadendo la nostra solidarietà ed il nostro impegno ad estendere la lotta perché l’amministrazione non possa avere pace, ricordiamo ai funzionari, agli sbirri e ai vari garanti, tutti corresponsabili della situazione attuale, che gli oppress* hanno una lunga memoria e che se a Paolo dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene tutte le conseguenze.

Non lasciamo solo Paolo in questa sua battaglia. Chi volesse scrivergli può farlo all’indirizzo: Paolo Todde; C.C. “E. Scalas”; 09068 Uta (CA)

CONTRO LO STATO ASSASSINO, CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE, PAOLO LIBERO, TUTTX LIBERX

Anarchicx contro carcere e repressione

NOI LA CHIAMIAMO TORTURA

NOI LA CHIAMIAMO TORTURA
Aggiornamenti dai prigionieri del carcere di Uta
Poco importa se uno combatte da solo o se combattono in centomila; se uno s’accorge di dover combattere, combatte, e poco importa che abbia o no compagni di lotta. Io dovevo combattere e tornerei a farlo. (H. Fallada)
Il 25 aprile scorso i prigionieri del carcere di Uta hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare per le condizioni di vita nel carcere, vere e proprie forme neppure tanto sottili di tortura. Tra le tante ragioni della protesta saltava subito all’occhio quella per l’acqua dei rubinetti del carcere, tanto piena di colibatteri fecali da rendere rischioso persino utilizzarla per lavarsi.
I solidali hanno subito iniziato una campagna di supporto alla lotta, sia tra i familiari dei detenuti all’esterno della prigione (che l’amministrazione carceraria ha dimostrato con modi “fisici” di non gradire), che nelle piazze di Cagliari, tanto da riuscire a far uscire la notizia dello sciopero nel maggiore quotidiano locale sardo.
Per evitare ulteriori danni all’immagine dell’amministrazione sono intervenuti immediatamente Gianni Loy, garante della città metropolitana, e Irene Testa, garante regionale (chiamati in causa nel documento dei prigionieri per la loro totale assenza), che hanno incontrato alcuni prigionieri, hanno misurato le dimensioni delle celle e hanno dichiarato alla stampa, come sempre, di essere a conoscenza da tempo della grave situazione che promettevano di risolvere nel giro di una settimana. I prigionieri hanno interrotto lo sciopero in attesa dei risultati promessi e mentre Irene Testa è tornata alla sua occupazione abituale (convegni, dichiarazioni alla stampa e totale indifferenza verso le richieste dei prigionieri), Gianni Loy è giunto addirittura (sic!) a chiedere il ripristino del reparto ospedaliero nel carcere aprendovi però finestre (sinora assenti), naturalmente chiuse da sbarre. Ha completato l’opera l’amministrazione penitenziaria “risolvendo” il problema dell’acqua non potabile mescolandola a tanto cloro da renderla inutilizzabile anche per cucinare. Questa mossa, che ha come conseguenza principale che i detenuti con meno disponibilità economica abbiano difficoltà anche per cucinare. Noi la chiamiamo TORTURA, una tortura moderna di quelle che non lascia segni visibili, quella che alcuni sociologi chiamano “autoinflitta” perché le vittime possono pensare di esserne la causa diretta e non attribuirla a coloro che la praticano.
L’amministrazione penitenziaria supportata dai garanti (che nei giorni scorsi hanno espresso alla stampa “vivo apprezzamento” per la recente nomina di Pietro Borrutto che sostituisce Marco Porcu, di cui non sentiremo la mancanza, come direttore di Uta) ha agito tentando di dividere e scoraggiare i prigionieri in lotta ma, nonostante questo, alcuni di loro hanno ripreso e continuano lo sciopero della fame mettendo a rischio la loro vita.
Da parte nostra, oltre a ribadire la nostra solidarietà ed il nostro impegno a portare la lotta oltre le sbarre, convinti che sino a quando anche un solo prigioniero continua la lotta l’amministrazione non dovrà e non potrà avere pace, ricordiamo ai solerti garanti, corresponsabili con i loro silenzi e mediazioni della situazione attuale, che, se ad un solo prigioniero in sciopero dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene responsabilità ed oneri.
Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità.
TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI
CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE

Anarchicx contro carcere e repressione

I prigionieri di Uta riprendono lo sciopero della fame

Non avendo ricevuto nessuna risposta dalla Direzione e neppure dai garanti, alcuni prigionieri del carcere di Uta hanno ripreso lo sciopero della fame. Seguiranno aggiornamenti.

Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità.

TUTTX LIBERX, FUOCO ALLE GALERE

Aggiornamenti dai prigionieri di Uta

I prigionieri in lotta ci fanno sapere che hanno interrotto, per il momento, lo sciopero della fame iniziato il 25 aprile. Il garante dei detenuti per la città metropolitana, Gianni Loy, è andato a parlare con qualcuno dei prigionieri garantendogli che la direzione del carcere gli avrebbe risposto entro la settimana che inizia domani.
La lotta (dei prigionieri) paga e le azioni di solidarietà ne costituiscono un importante sostegno. Aspettiamo, con i prigionieri, gli sviluppi della questione su cui continueremo ad informare.
FUOCO ALLE GALERE, TUTTX LIBERX

Comunicato di solidarietà per i fatti del 28 aprile della Cassa Antirepressione Sarda

Il 25 aprile si è tenuto un presidio fuori dal carcere di Uta per portare solidarietà ai detenuti che da qualche giorno hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta per protestare contro le condizioni carcerarie.
Il 28 Aprile alcuni tra compagne e compagni si sono recati fuori dal carcere per tastare gli umori dei parenti in attesa di colloquio e per sapere cosa pensassero dello sciopero dei loro cari. La situazione non è piaciuta alle guardie e così il gruppo è stato pesantemente represso dalle forze di polizia. Secondini arroganti protetti dall’amministrazione penitenziaria hanno fermato (portandoli all’interno del carcere), identificato e minacciato i partecipanti.
Se il motivo contingente è lo sciopero della fame dei detenuti, il motivo più in generale è la lotta e la criminalizzazione della solidarietà.
Sono anni che assistiamo alla sistematica repressione delle varie forme di solidarietà più o meno articolata.
Le denunce non si contano più, e i processi anche.
In un momento storico in cui la tenuta sociale è a rischio, l’isolamento del sistema carcerario dal resto del mondo è considerata una priorità da parte del potere politico e poliziesco.
Le condanne esemplari ormai si sprecano sia in ambito sociale che di lotta. Per questo a maggior ragione, crediamo da sempre come Cassa Antirepressione Sarda, che la solidarietà sia fondamentale e che nessuno vada lasciato indietro.

Fatti come quelli del 25 ribadiscono l’importanza delle tante forme in cui la
Solidarietà si può esprimere.
Il nostro abbraccio va forte ai prigionieri in lotta e ai compagni e ai parenti identificati venerdì scorso.

Sempri ainnantis
Cassa Antirepressione Sarda – TESTE DURE

Comunicato di solidarietà della redazione di Nurkuntra per i fatti del 28 aprile

De cussu locu b’abarret sa kisìna.
Comente redatzione de Nurkuntra mannamus un abratzu de solidarietate a sos cumpanzos e cumpanzas ki su 28 de aprile ana picatu a pare kin sos irgribas de sa galera de Uta; irgribas prepotentes e mannosos kin sa divisa e in cumpanzia manna ma miseros candho sono a sa sola, ominedhos de nudha ke a totu sos therakedhos de caserma.
In cussa galera, ke-a totus sas galeras, sa situatzione est mezana aberu, suferentzias mannas, zente ki si ukiet o kircat de lu aker d-onzi pacas dies, aba toscata, agorru sikitu, meikinas pro los drogare, omines ammuntonatos ke animales, e sos canes de s’Istatu semper apedhandhe; apedhandhe kin prepotentzia contra a kie non si potet difendhere, a dolu mannu, contra a zente irdebilitata dae su malu passare, iscartatos dae una sotzietate ki difendhet solu meres e sennores.
Sas galeras sono su fruttu de custu sistema, unu sistema de isfruttamentu e de therakia, inuve omines e feminas deven solu essere iscravos e a sa muta e vajulare sa derruta de sa terra issoro; terra ingullita dae sos velenos de su capitale; dae travaglios miserabiles o disocupatzione sikita; dae sa droga ispainata comente controllu sotziale e pro ammiserare zovanos e mannos ki non deven aere nen fortza nen caratire nen firmesa; dae bases militares e casermas de d-onzi zenia, e pro cussu d-onzi oke cuntraria est unu inimicu contra a s’Istatu, de ojare in d-onzi manera e a malu grabu: dennuntzias, corfos e catenas.
Sa solidarietate nostra est manna sa ki damus a custos cumpanzos e cumpanzas ki dae semper gherran contra a sas inzustissias sotziales e a custu sistema; est manna sa ki damus a sos ki sono isserratos e suferentes inintro ‘e cussa tumba e ki custas dies sono aendhe unu corazu mannu afrontandhe, male comente potene, una luta ki daet cussentzia a sos ki sono in foras, unu esempiu mannu de firmesa e dinnitate.
Sos zassos nostros los kerimus garrigos de patentes, de undhos de cata zenia, de campos pro animales, de frores e ervas ki abellini sa terra nostra, de mugrones e mugras ki alligran su veranu; custos aggorros pro malassortatos, los kerimus in kisìna, ki non b’abarret mancu s’ammentu de cussu tzimentu, de cussas irbarras de erru, de cussas catenas e de cussos therakedhos de caserma.

Sa redatzione de Nurkuntra