NOI LA CHIAMIAMO TORTURA
Aggiornamenti dai prigionieri del carcere di Uta
Poco importa se uno combatte da solo o se combattono in centomila; se uno s’accorge di dover combattere, combatte, e poco importa che abbia o no compagni di lotta. Io dovevo combattere e tornerei a farlo. (H. Fallada)
Il 25 aprile scorso i prigionieri del carcere di Uta hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare per le condizioni di vita nel carcere, vere e proprie forme neppure tanto sottili di tortura. Tra le tante ragioni della protesta saltava subito all’occhio quella per l’acqua dei rubinetti del carcere, tanto piena di colibatteri fecali da rendere rischioso persino utilizzarla per lavarsi.
I solidali hanno subito iniziato una campagna di supporto alla lotta, sia tra i familiari dei detenuti all’esterno della prigione (che l’amministrazione carceraria ha dimostrato con modi “fisici” di non gradire), che nelle piazze di Cagliari, tanto da riuscire a far uscire la notizia dello sciopero nel maggiore quotidiano locale sardo.
Per evitare ulteriori danni all’immagine dell’amministrazione sono intervenuti immediatamente Gianni Loy, garante della città metropolitana, e Irene Testa, garante regionale (chiamati in causa nel documento dei prigionieri per la loro totale assenza), che hanno incontrato alcuni prigionieri, hanno misurato le dimensioni delle celle e hanno dichiarato alla stampa, come sempre, di essere a conoscenza da tempo della grave situazione che promettevano di risolvere nel giro di una settimana. I prigionieri hanno interrotto lo sciopero in attesa dei risultati promessi e mentre Irene Testa è tornata alla sua occupazione abituale (convegni, dichiarazioni alla stampa e totale indifferenza verso le richieste dei prigionieri), Gianni Loy è giunto addirittura (sic!) a chiedere il ripristino del reparto ospedaliero nel carcere aprendovi però finestre (sinora assenti), naturalmente chiuse da sbarre. Ha completato l’opera l’amministrazione penitenziaria “risolvendo” il problema dell’acqua non potabile mescolandola a tanto cloro da renderla inutilizzabile anche per cucinare. Questa mossa, che ha come conseguenza principale che i detenuti con meno disponibilità economica abbiano difficoltà anche per cucinare. Noi la chiamiamo TORTURA, una tortura moderna di quelle che non lascia segni visibili, quella che alcuni sociologi chiamano “autoinflitta” perché le vittime possono pensare di esserne la causa diretta e non attribuirla a coloro che la praticano.
L’amministrazione penitenziaria supportata dai garanti (che nei giorni scorsi hanno espresso alla stampa “vivo apprezzamento” per la recente nomina di Pietro Borrutto che sostituisce Marco Porcu, di cui non sentiremo la mancanza, come direttore di Uta) ha agito tentando di dividere e scoraggiare i prigionieri in lotta ma, nonostante questo, alcuni di loro hanno ripreso e continuano lo sciopero della fame mettendo a rischio la loro vita.
Da parte nostra, oltre a ribadire la nostra solidarietà ed il nostro impegno a portare la lotta oltre le sbarre, convinti che sino a quando anche un solo prigioniero continua la lotta l’amministrazione non dovrà e non potrà avere pace, ricordiamo ai solerti garanti, corresponsabili con i loro silenzi e mediazioni della situazione attuale, che, se ad un solo prigioniero in sciopero dovesse accadere qualcosa, dovranno assumersene responsabilità ed oneri.
Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità.
TUTTE LIBERE, TUTTI LIBERI
CHIUDERE UTA, CHIUDERE TUTTE LE GALERE
Anarchicx contro carcere e repressione

!!! STASERA!!!
Ore 18 piazza Palma
Presentazione corteo anticarcerario di Sassari.
Discussione e confronto sulle carceri sarde.
Bar a prezzi popolari Benefit Cassa Prigionieri.
C’è un lager vicino a casa vostra (distribuito ieri a Nuoro)
Due ragazzi algerini che hanno iniziato la protesta del cibo a Macomer, innescando una potenziale rivolta, sono stati immediatamente trasferiti, prima a Roma, poi a Bari e sabato scorso in Albania. Chi non abbassa la testa dentro i cpr, viene subito portato via, per evitare possibili rivolte.
Questo non ha fermato i prigionieri, alcuni di loro (un intero blocco) rifiuta il cibo da una settimana. In un altro blocco hanno riiniziato a mangiare domenica, perché la gestione li ha convinti che il cibo sarebbe migliorato; invece, ieri è arrivato di nuovo marcio e puzzolente, quindi l’hanno rifiutato un’altra volta. Questo è uno dei tanti motivi della protesta, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tre ragazzi hanno delle fratture, due alla gamba e uno alla schiena, non hanno neanche le stampelle. L’acqua è poca, l’assistenza medica è praticamente assente. Chi è stato in altre carceri e CPR dice che un posto del genere non l’ha mai visto. Alcuni non dovrebbero essere in detenzione perché convivono con un’italiana. In altri CPR per lo stesso motivo sono stati liberati; a Macomer, invece, esiste una prassi di udienze ritardate (di competenza dei giudici di pace del tribunale di Oristano), la macchina burocratica, complice del razzismo di Stato, allunga la loro tortura. Ieri due ragazzi che hanno ricevuto la notizia dell’ennesimo rinvio dell’udienza, si sono lesionati con un taglierino, uno di loro si è cucito la bocca con del filo di ferro.
Questi fatti stanno accadendo a Macomer dove è operativo un lager, un buco nero in cui può finire qualunque migrante che sia privo di documenti ed incappi in uno dei periodici rastrellamenti effettuati per le strade della Sardegna o inviatovi, a fini punitivi, da altre strutture analoghe presenti nel resto d’Italia. La struttura, già dichiarata non idonea dalla CEDU, è esposta al caldo e al freddo, con alcune celle sotto il livello stradale.
I prigionieri di cui spesso non si conoscono neppure i nomi, possono disporre solo di avvocati indicati dalla struttura anche per le difficoltà nelle comunicazioni con l’esterno perché spesso non hanno schede telefoniche o devono chiamare ascoltati dagli operatori. Al loro arrivo frequentemente non vengono dati né scarpe, né vestiti, né coperte, sono costretti a vivere in celle con bagni senza porte e senza acqua calda, con “sale” ricreative senza sedie (sedie e porte sono per lo Stato sono possibili corpi contundenti in caso di rivolta).
Questo sistema di tortura funziona con la complicità di molte piccole imprese in grande maggioranza della provincia di Nuoro e di coloro che da tutta la Sardegna partecipano, a Macomer, ad iniziative “culturali” e festival tacendo volutamente la realtà del CPR-lager a pochi metri.
Le “cooperative” che gestiscono la struttura sono scelte dalla Prefettura di Nuoro, in base a criteri assolutamente bizzarri anche per le leggi dietro la cui copertura dicono di operare. L’attuale coordinatrice del CPR Elizabeth Rijo, colei che ha dichiarato alla RAI di voler “organizzare corsi di ballo di gruppo” (sic!) per i prigionieri, è fresca di candidatura con il centro sinistra e di collaborazioni con il terzo settore sardo.
Il CPR di Macomer si distingue dal resto dei CPR italiani. Nascosto alla vista e sorvegliato da polizia, carabinieri, finanza ed esercito. Nessuna protesta è permessa a meno di 500 m dalla struttura. Il questore di Nuoro Polverino emette fogli di via per tutti i solidal* che non rinunciano ad avvicinarsi alla struttura per comunicare con i prigionieri e tenta di spaventarli con denunce, intimidazioni, sequestro di qualsiasi cosa abbiano con sé, ritorsioni.
Nel carcere di Cagliari, che dai rapporti ufficiali risulta tra i peggiori d’Italia per la sofferenza dei prigionieri (tentativi di suicidio, atti di autolesionismo, proteste, etc.), è in corso uno sciopero della fame posto in atto da diversi prigionieri motivati da un elenco senza fine di fatti gravi. La denuncia più eclatante riguarda l’acqua per bere e per lavarsi che è talmente piena di colibatteri fecali da rappresentare un grave rischio per la salute di chi la utilizza.
Non ci aspettiamo che questi racconti provochino indignazione, la sola l’indignazione senza un’azione conseguente è poca cosa. È ipocrisia per lavarsi la coscienza, da lasciare ai vari deputati del centrosinistra, ai garanti dei detenuti, etc. che periodicamente si presentano, nelle varie strutture e in situazioni pubbliche, per rilasciare interviste e dichiarazioni assolutamente vuote (ma utilissime a raccogliere voti tra chi pensa che l’azione politica consista nell’atto elettorale).
Pasquale ci racconta che le rivolte che hanno posto fine al lager dell’Asinara sono state possibili anche grazie a chi era solidale dall’esterno.
Crediamo che essere solidali, nonostante la repressione, sia una scelta politica che è sempre anche ideologica ed etica.
Il filosofo Karl Jaspers ottanta anni fa scrisse che “C’è tra gli uomini come tali una sorta di solidarietà, la quale fa sì che ciascuno sia in un certo senso corresponsabile per tutte le ingiustizie e i torti che si verificano nel mondo, specialmente per quei delitti che hanno luogo in sua presenza o con la sua consapevolezza. Quando uno non fa tutto il possibile per impedirli diventa anche lui colpevole”.
Abbiamo bisogno della fantasia e della creatività di ognuno per costruire un mondo senza galere.
SEMPRE DALLA PARTE DI CHI LOTTA
Nella giornata di ieri 14 maggio, un compagno è stato fermato dalla digos e dalla polizia in aeroporto, al suo rientro a Cagliari e condotto a casa per la perquisizione che poi è proseguita all’interno dell’Officina Autogestita Kasteddu, posto frequentato dai compagni e dalle compagne attive nel territorio. Successivamente è stato condotto in questura dove è stato trattenuto per diverse ore, per essere poi rilasciato con l’accusa di avere lanciato, durante la manifestazione per la Palestina di sabato 10 maggio, una bomba carta che avrebbe ferito uno sbirro.
Sappiamo che lo Stato ama la democrazia, di certo non viene disturbato da coloro che pensano che i genocidi ed il fascismo si possano fermare con qualche banchetto in piazza, qualche escursione per il centro città e le chiacchiere dei leader di turno. Per questo cerca di fermare chi lotta e chi non accetta le patetiche pantomime democratiche, colpendolo con accuse ridicole, per impedire le pratiche che escono fuori dai canoni del sistema e la solidarietà con chi non si piega.
Solidali e complici con il compagno fermato e con l Officina Autogestita Kasteddu, rivendichiamo come nostre, tutte le loro pratiche e consigliamo agli sbirri “feriti” nella manifestazione di sabato, di curarsi chiudendosi in casa per un lunghissimo periodo. Non sentiremo di certo la loro mancanza, augurandoci che le false ferite refertate, nel prossimo corteo diventino reali.
Con la Palestina nel cuore, sempre contro lo Stato.
Anarchicx contro carcere e repressione.
TRASFERIMENTI IN ALBANIA, SCIOPERO DELLA FAME, PRIGIONIERI ISOLATI E ABBANDONATI A LORO STESSI.
La macchina razzista dello Stato continua il suo vile lavoro, adesso ancora più forte grazie all’apertura del lager in Albania: i due ragazzi algerini che hanno iniziato la protesta del cibo a Macomer, innescando una potenziale rivolta, sono stati immediatamente trasferiti, prima a Roma, poi a Bari e sabato scorso in Albania. Chi non abbassa la testa dentro i cpr, viene subito portato via, per evitare possibili rivolte.
Questo non ha fermato i reclusi dentro Macomer, alcuni di loro (l’intero blocco c) rifiuta il cibo da sei giorni. Il blocco sinistro ha riiniziato a mangiare domenica, perché la gestione li ha convinti che il cibo sarebbe migliorato, invece ieri è arrivato di nuovo marcio e puzzolente, quindi l’hanno rifiutato. Questo è uno dei tanti motivi della loro protesta, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ci sono anche altri problemi con cui devono lottare ogni giorno: tre ragazzi hanno delle fratture, due alla gamba e uno allo schiena, non hanno neanche le stampelle. L’acqua è poca, l’assistenza medica è praticamente assente. Chi è stato in altri cpr e carceri dice che un posto del genere non l’ ha mai visto. Alcuni dovrebbero essere posti in libertà perché la loro compagna è italiana, in altri cpr per questo fatto sono stati liberati; a Macomer, invece, esiste una prassi di udienze ritardate (di competenza dei giudici di pace del tribunale di Oristano), la macchina burocratica, complice del razzismo di Stato, allunga la loro tortura. Ieri due ragazzi che hanno ricevuto la notizia dell’ennesimo rinvio dell’udienza, si sono lesionati con un taglierino, uno di loro si è cucito la bocca con del filo di ferro. Non è il cibo, non è l’acqua, non è l’assistenza quello che vogliono più di ogni altra cosa, ma essere liberi: “non c’è possibilità di libertà, condanna senza motivo”.
Elizabeth Rijo, la direttrice del centro, per conto di Officine Sociali, aveva fatto la sua bella comparsa in televisione, dicendo che voleva cambiare questo posto, organizzando attività coinvolgenti come dei balli di gruppo (Leggi qui). I prigionieri dicono che non si presenta neanche ai colloqui che loro chiedono di avere con lei, con la speranza che possa aiutarli in qualche modo. La cosa peggiore forse è questa: cercano di illuderli che la loro situazione potrà migliorare, ma in realtà sono abbandonati a loro stessi. Li hanno privati della loro libertà, gli danno cibo avariato, li fanno stare coattamente assieme dentro una gabbia, alcuni di loro hanno problemi di dipendenza e fisici, e poi gli promettono dei miglioramenti, senza mantenere alcuna promessa. La garante dei detenuti, Irene Testa, avrebbe detto di essere informata di questa situazione ma non fa un bel niente, oltre a partecipare a convegni e assemblee. Forse anche lei legge i post del nostro blog perché altrove non se ne parla.
Dentro il CPR i prigionieri sono isolati e buttati come spazzatura, ma i veri rifiuti sono quelli che sostengono e collaborano, e sono tanti, con questo sistema di merda. Chi è privato della libertà e sta dentro quel lager, lo sa.
I prigionieri di Uta riprendono lo sciopero della fame
Non avendo ricevuto nessuna risposta dalla Direzione e neppure dai garanti, alcuni prigionieri del carcere di Uta hanno ripreso lo sciopero della fame. Seguiranno aggiornamenti.
Ai prigionieri in lotta vanno il nostro appoggio, solidarietà e complicità.
TUTTX LIBERX, FUOCO ALLE GALERE
CONTINUA LO SCIOPERO DELLA FAME DEI DETENUTI NEL CPR DI MACOMER
Tutti i reclusi sono ancora in sciopero, a parte una decina che ha timore di ripercussioni. Ieri hanno rifiutato il cibo e lo faranno anche oggi, prendono solo l’acqua. Lo rimandano indietro perché è avariato, sono stati tutti male, in particolare un ragazzo che ha passato la notte scorso in ospedale. Lui e un altro (entrambi di nazionalità algerina) erano stati trasferiti a Roma per via delle proteste. Notizia di oggi che sono stati di nuovo spostati, questa volta a Bari. Visti i fatti del 12 aprile nel cpr/lager di Bari Palese (https://japrlekk.noblogs.org/post/2025/04/23/cpr-bari-palese-trasferimenti-e-rivolte/) pensiamo che anche questi due ragazzi potrebbero essere destinati al trasferimento in Albania.
La lotta e lo sciopero continua, l’amministrazione non si è ancora presentata, sono abbandonati a loro stessi ma non hanno intenzione di continuare ad essere privati della loro libertà.
I CPR SI CHIUDONO CON IL FUOCO DEI RECLUSI, A LORO LA NOSTRA SOLIDARIETÀ E COMPLICITÀ
SCIOPERO DELLA FAME DEI RECLUSI NEL CPR DI MACOMER
Martedì scorso i reclusi nel blocco destro del lager (CPR) di Macomer sono stati male dopo aver mangiato il cibo datogli dall’amministrazione. In particolare un ragazzo ha accusato un forte malore e perciò è stato portato in ospedale. I medici hanno confermato che il malore era causato dall’ingestione di cibo avariato. Ieri i suoi compagni del blocco hanno iniziato uno sciopero, rifiutando il cibo e protestando contro l’amministrazione di Officine Sociali, diretta, in Sardegna, da Elizabeth Rijo, già candidata alle scorse elezioni regionali con la lista di Soru e alle comunali di Cagliari con una lista per Massimo Zedda . Sono intervenuti gli antisommossa e qualcuno dei loro dirigenti di polizia ha odorato il cibo dicendo che era immangiabile. La protesta comunque è stata temporaneamente bloccata, ma non lo sciopero del cibo.
Infatti stamattina la rivolta si è riaccesa quando il ragazzo è rientrato dall’ospedale. Per placare tutto è stato forzatamente trasferito a Roma (non sappiamo se per un rimpatrio o per la reclusione in un altro cpr). Oggi anche gli altri due blocchi si sono uniti allo sciopero, i reclusi stanno rifiutando il cibo.
Inoltre nel blocco destro hanno tutti un problema alla pelle: sono comparse delle macchie rosse, che irritano e bruciano. L’amministrazione gli ha somministrato una crema che ha solo peggiorato la situazione.
Solidali con le persone private della libertà, vicini alla loro lotta, facciamo uscire la loro voce aldilà delle mura di quel lager.
I CPR SI CHIUDONO CON IL FUOCO DEI RECLUSI, A LORO LA NOSTRA SOLIDARIETÀ E COMPLICITÀ
Anarchicx contro carcere e repressione
Prima potente rivolta nel CPR di Corso Brunelleschi, Torino.
Aggiornamenti dai prigionieri di Uta
I prigionieri in lotta ci fanno sapere che hanno interrotto, per il momento, lo sciopero della fame iniziato il 25 aprile. Il garante dei detenuti per la città metropolitana, Gianni Loy, è andato a parlare con qualcuno dei prigionieri garantendogli che la direzione del carcere gli avrebbe risposto entro la settimana che inizia domani.
La lotta (dei prigionieri) paga e le azioni di solidarietà ne costituiscono un importante sostegno. Aspettiamo, con i prigionieri, gli sviluppi della questione su cui continueremo ad informare.
FUOCO ALLE GALERE, TUTTX LIBERX