AGGIORNAMENTI DALLE GALERE SARDE

Il Tribunale di Cagliari ha respinto la richiesta di detenzione domiciliaria del nostro compagno Paolo fatta del suo avvocato, motivando il provvedimento col rischio che il reato possa essere reiterato. Come detto in altre occasioni non crediamo nei tribunali, strumenti putridi dello Stato, utili solo per esercitare la violenza della legalità con chi non abbassa la testa e lotta.Noi ne prendiamo atto e continuiamo la lotta al suo fianco sino a quando le carceri non si ridurranno ad un cumulo di macerie.

Il nostro compagno magrebino che da Uta era stato trasferito al CPR di Macomer, dopo la conferma del trattenimento, nonostante avesse ingerito quattro grosse viti d’acciaio che non ha ancora espulso e si trovasse in sciopero della fame, è stato deportato, ad insaputa del suo avvocato, insieme ad altri 9 prigionieri, tramite un volo della Guardia di Finanza decollato dall’aeroporto di Oristano, al CPR di Caltanisetta. Ci racconta che niente è cambiato, ha trovato ancora trattamenti disumani e violenze.

PAOLO LIBERO
TUTTX LIBERX
FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI CPR

Apprendiamo con gioia che Walter e Joan, coimputati del nostro compagno Paolo, da ieri sono fuori dal carcere di Uta e sottoposti ai domiciliari.

Ci auguriamo che anche Paolo venga scarcerato appena si impugnano le carte della sentenza.

Sperando che tutti e tre possano tornare completamente liberi al più presto.

FUOCO ALLE GALERE

TUTTX LIBERX

Oggi, mercoledì 12 novembre si è svolto il processo contro il nostro compagno Paolo e due nostri amici, in carcere da più di un anno in custodia cautelare accusati di rapina a mano armata.

L’udienza si è conclusa con tre condanne, la più alta, 5 anni e 2 mesi, è stata inflitta, con rito abbreviato, a Paolo.

Pensiamo che Paolo sia stato punito soprattutto per la sua lotta dentro il carcere che ha svelato non solo gli abusi e i soprusi dell’amministrazione carceraria, ma anche l’enorme contraddizione, che non ci stupisce, di uno Stato che, pur di continuare a trattare in maniera inumana e degradante prigionieri e familiari, non rispetta neppure le proprie schifose leggi, nel silenzio complice del tribunale di sorveglianza e dei garanti.

Nonostante l’udienza si sia svolta a porte chiuse, siamo riusciti incrociare e salutare i nostri tre amici nei corridoi del tribunale. La risposta è stata calorosa nonostante il nutrito numero di guardie che cercavano di impedirlo.

Fuori dal tribunale si è svolto un presidio di solidarietà di una trentina di compagnx sotto lo sguardo dei soliti ficcanaso di turno.

Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e lotteremo ancora contro tutte le galere sino a quando non ne rimarranno solo macerie

PAOLO LIBERO

TUTTX LIBERX

FUOCO ALLE GALERE

Anarchicx contro carcere e repressione

12 novembre: Presidio solidale per Paolo di fronte al tribunale di Cagliari

Il 12 novembre lo Stato italiano con ogni probabilità celebrerà il processo contro il nostro compagno Paolo e altri due nostri amici. Non sappiamo e non ci interessa sapere se siano o meno gli autori di ciò per cui vengono accusati. Come anarchici, siamo sempre solidali e complici con chi si oppone a una società che produce miseria, disuguaglianze, violenze, morte e genocidi. Ci preme sottolineare come ancora una volta il sistema tramite i suoi servi si accanisca, con continue ritorsioni e tormenti, contro chi, in libertà e in detenzione, non ha mai piegato la testa, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, denunciando le violenze degli sbirri, le torture dello Stato che, nel carcere di Uta, nega ai prigionierx persino l’acqua potabile, contro chi svela la complicità arrogante del tribunale di Sorveglianza e dei garanti che tacciono sui soprusi e sulle torture subiti quotidianamente dai prigionierx.
Per questi e per tanti altri motivi Paolo ha portato avanti uno sciopero della fame per 44 giorni tra maggio e giugno.

I tribunali sono strumenti per esercitare la violenza della legalità pertanto pensiamo che il verdetto sarà usato come punizione esemplare, per mandare a loro, e a tuttx i proletari, il messaggio che non bisogna ribellarsi, ma bisogna accettare in silenzio ogni violenza e tortura dello Stato. Per questo non accetteremo i verdetti di giudici che rappresentano questo sistema assassino.

Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e non li lasceremo soli né nelle galere, né nei tribunali.

PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE DI CAGLIARI
MERCOLEDÌ 12/11ALLE ORE 9

‪PAOLO LIBERO‬
TUTTX LIBERI
FUOCO ALLE GALERE

Lettera di Stecco dal carcere di Sanremo

ilrovescio.info/2025/10/18/lettera-dal-carcere-di-sanremo

Il 25/07 molti giornali locali e l’ANSA hanno dato la notizia che in questo carcere la notte del 24 ci fu una “protesta”, una “rivolta”, con otto agenti feriti, di cui uno sfregiato. Tutti i commenti dei sindacati di polizia penitenziaria (USPP – OSAPP – Si.N.A.P.Pe) non spiegano per nulla la dinamica dell’accaduto, sul quale ci sarebbe però da spiegare – camminando sul filo del rasoio – le dinamiche di questo carcere pre-25/07.
La direzione ed il comando hanno grosse e incancrenite responsabilità di una gestione dell’istituto che si può definire irresponsabile, superficiale, ed anche imbarazzante.
Non sta di certo ai detenuti dare consigli su come gestire un carcere, perché è sbagliato come approccio, ed è pericoloso nella dinamica. È giusto invece dire che il Comando usava degli alfieri (detenuti che aiutano la Sorveglianza, anche stipendiati) per mediare ed intervenire in supporto alle guardie nella gestione di alcuni detenuti ritenuti problematici o in alcuni momenti critici, quasi sempre con detenuti di origine straniera.
Che il corpo di polizia si lamentasse, che relazionasse, denunciasse le lacune della Direzione e del Comando è cosa normale, tirano acqua al loro mulino, facendosi le scarpe l’un con l’altro per meri motivi di interesse, il cameratismo tra guardie qui è una favola.
Che i sindacati come un mantra dicano sempre le solite formule “risolutive” – più uomini, più mezzi deterrenti come i taser o spray al peperoncino, più carceri, più soldi –, è anche questa cosa scontata, mai che dicano qualcosa su un Governo – che molti di loro hanno votato – ed un Ministero che in realtà, finita la propaganda elettorale, s’è lavato le mani e continua con le sue politiche che riempiono sempre di più le galere. Entro un anno – o anche meno – vedremo gli effetti del recente decreto sicurezza con l’allargamento e inasprimento dei reati.
I giorni seguenti alla notte del 25, e le settimane successive, dopo che la Comandante Nadia Giordano è stata silurata e mandata a timbrare scartoffie, è arrivato in missione il Comandante di Cuneo Daniele Cutolo (ora sostituito da quella di Imperia), già responsabile di aver in passato ribaltato il carcere di Biella dopo che anche là erano emersi problemi di sicurezza, portandosi dietro la sua squadretta di fiducia.
Questa squadretta, assieme alle guardie qui presenti, ha fatto sballare [trasferire – gergo galeotto] circa una trentina di detenuti e rimescolato alcune sezioni. Chi si rifiutava, si opponeva o alzava la voce di fronte a questo intervento, oltre al potenziale rapporto poteva subire un’aggressione fisica che poteva finire anche in un pestaggio. Sono state cambiate tutte quelle che erano le abitudini all’interno del carcere, apportando il ripristino totale del regime chiuso, a parte quello della 4° sezione che è sempre stata aperta. Le socialità nelle celle sono state tolte, rimane la saletta. Ogni tipo di mobilità interna è ad oggi ostacolata rispetto a prima, le continue perquisizioni alla ricerca di frutta fermentata, telefoni, ecc. danno il pretesto alle guardie per rompere cose autocostruite dai detenuti nelle celle… felpe con cappuccio, cappellini con visiera, vasi di piante di basilico e menta…
L’altra settimana in sezione c’era una guardia conosciuta per le sue continue provocazioni, all’apertura per l’aria si è spazientita e ha urlato “bene, ora non mando giù più nessuno”. Ci si è messi di buona lena a battere blindi e stoviglie, il risultato è che ci si è trovati subito una dozzina di guardie con guanti pronte ad intervenire. Questa dinamica prima non c’era, ora è stata data “carta bianca”. Chi insulta o parla “male” ora rischia di essere preso ed in malo modo portato in isolamento.
Il fatto più grave è avvenuto in data 14/09 contro un detenuto, arrivato a metà agosto, che ha evidenti problemi psichici (nella sua cartella clinica risultano nove TSO subiti, pratiche di autolesionismo, ipocondria, oltre all’assunzione della “terapia”), che dopo essersi barricato dentro la cella nella sezione della degenza, ha subito l’intervento della Sorveglianza. Dopo che la cella è stata aperta, una quindicina di guardie l’hanno portato in una cella isolata fuori dalla sezione, ed in due fasi – alle ore 20.36 e 21.30 – il detenuto è stato aggredito.
A suo dire ammette di avere insultato le guardie, ma non ha agito contro di esse.
In data 15/09 all’aria decine di detenuti  della 1° sezione e della degenza potevano constatare il suo viso tumefatto, il naso presumibilmente rotto e segni di anfibi sulla schiena. Sembra che dopo pranzo gli sia stata concessa una video-chiamata, e in data 16/09 è stato portato all’ospedale su richiesta del medico.

Durante le due visite del Provveditore delle carceri piemontesi e liguri, alla prima è stato negato un confronto con i detenuti, per quella avvenuta in data 08/09 assieme al Procuratore Generale Enrico Zucca, nonostante qualche detenuto mi avesse proposto per partecipare al confronto tra detenuti e autorità – occasione per esprimere il nostro punto di vista –, la risposta informale è stata “lui no, è troppo spigoloso”. Quando in realtà ha espresso in entrambe le occasioni – con tono sprezzante e sbirresco –, il concetto che loro sono lo Stato e non erano lì per noi, che ci sono regole da rispettare.
Alla prima visita ci si incrociò alla rotonda, e dopo aver accusato la Direttrice di incompetenza e menefreghismo visto che codesto individuo insisteva sulle regole, gli si rispose citando vari articoli del diritto penitenziario a favore dei detenuti e sistematicamente non rispettati.
Si passa dalla mancata fornitura di lenzuola e prodotti di pulizia e di igiene, alla gestione dell’area sanitaria, mancanza di attività di vario tipo, alla sistemazione della palestra e campo sportivo, alla possibilità che chi è nei termini possa accedere alle pene alternative, all’inadeguatezza di questo carcere nel sostenere persone con problemi fisici e psichici di vario grado. Senza contare la quotidiana manifestazione della povertà, soprattutto dei detenuti stranieri spesso completamente isolati ed abbandonati a se stessi. La solidarietà, poca, informale tra detenuti non basta a sopperire a questa discrepanza tra chi ha un poco e chi nulla. L’egoismo vince, la premialità anche.
Ci viene detto che verranno fatte varie innovazioni e migliorie, sia nell’area educativa che sanitaria, ad oggi gli ambienti – area matricola, infermeria, sorveglianza, trattamentale – sono in fase di imbiancatura e sistemazione degli impianti elettrici, ecc. Le ore della palestra sono diminuite da 6 a 4 settimanali, quelle per i lavoranti sono state tolte, nel frattempo sono ripartiti i corsi scolastici ed alberghieri. I trattamenti farmacologici, chiamati terapie, continuano con il loro lavoro di sedazione.
Al TGR Liguria hanno detto che verrà inserito un nuovo Comandante, mentre la Direttrice sembra essere inamovibile ed agganciata ai piani alti. Nelle prossime settimane si capiranno se ci saranno ulteriori novità.
Come detenuti di Sanremo ad oggi, per vari motivi, non ci si riesce ad organizzare, quanto meno per riuscire a trovare spazio per le nostre richieste ed esigenze, e renderle attivabili facendo pressioni.

Una cosa è certa, e va ribadita, quello che succede nella Liguria di ponente, è lo specchio di questo luogo, e qui emerge in tutta la sua attualità la questione di classe. I forti investimenti nel ramo immobiliare nel Comune di Ventimiglia e Sanremo per accogliere i ricchi francesi e non solo, che per via della flat tax sono attirati da case e servizi detassati adatti ai loro standard di vita, sta portando a spese pubblico-private nell’ordine di centinaia di milioni di Euro.
Nuovi posti barca come “Calaforte” per i ricchi di Montecarlo vengono costruiti, nuovi hotel a 5 stelle sorgono, e intanto il sindaco leghista di Ventimiglia nelle ultime settimane ha fatto sgomberare con le ruspe i bivacchi sotto il cavalcavia del fiume Roya.
La prigione di Sanremo è isolata, il servizio autobus è praticamente inesistente e questo luogo rispecchia quelle che sono le politiche locali, i poveri ed i migranti finiscono qui, espulsi prima dalla città, qui e poi CPR.
Molti sono invece i detenuti che rimangono impigliati nel sistema della frontiera. Emarginazione, indifferenza, repressione, razzismo, questa è la vera essenza di questo luogo ed il clima che si respira.
Ad oggi tutte le proposte di migliorie e cambiamenti sono inascoltate, le decisioni sono unidirezionali, cioè imposte.
Questa è a grandi linee la situazione in questo carcere, a volte le dinamiche e la loro genesi sono più sottili e complesse ma questa è la realtà.
Noi detenuti dovremmo e potremmo ottenere di più, ma manca la mentalità di solidarietà e unione. Spargere buoni propositi è quello che si riesce a fare per ora.

Luca Dolce, carcere di Sanremo 17-18/09- 2025

PS: Il detenuto picchiato è stato portato in 3° sezione, dove ci sono solo stranieri, quasi tutti sotto terapia e molti con problemi psichici. La sezione più povera e degradata.

Ieri sera [17/09] la Sorveglianza voleva che dessi loro una mano a trovargli un posto nella sezione dove mi trovo, quando è già tutta piena, siamo in oltre 50 detenuti. Lo buttano in giro come un sacco di patate.

Non riescono a gestire i troppi casi di gente che non è lucida ed in sé.

DICHIARAZIONE DEL COMPAGNO JUAN SORROCHE

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA DICHIARAZIONE DEL COMPAGNO JUAN SORROCHE AL PROCESSO DEL 02/10/2025 PER L’ AZIONE CONTRO LA SCUOLA DI POLIZIA POLGAI

JUAN LIBERO

TUTTX LIBERX

RISPOSTE ALLE PROCURE E TESTI:

Ho ascoltato molto attentamente e in silenzio, e ho preso nota in tutto questo tempo, nelle tante udienze, con innumerevoli testi della procura, in più di un anno di processo. Hanno spaziato ampiamente e lungamente, con uno sproposito di documentazioni e di dichiarazioni, con innumerevoli divagazioni e interpretazioni di tutto un contesto di lotta politica e sociale, alle quali è impossibile rispondere nei tempi di questo processo.

Quindi, viste le tante mistificazioni, vorrei ribattere solo un po’ sul contesto sociale e politico entro il quale vengo accusato. Accusato anche forzando e incastrando ruoli specifici, sia politici che personali, gerarchie e ideologie mai assunte da diverse e singole persone.

Costruzione sistematicamente faziosa,con una serie di profili inventati, con tanto di nomi e cognomi senza motivazioni. Che vorrei smentire, viste le accuse ingiuriose.

E lo stesso metodo è stato utilizzato rispetto a diversi scritti e diverse dichiarazioni processuali firmati da me, includendovi anche scritti di altre persone e di anonimi, tutti sistematicamente spezzettati e separati completamente dal loro contesto reale [generale dove sono stati creati]. Dilatandosi in digressioni politiche e storiche, spaziando, spezzettando, senza alcuna sensata motivazione lungo 150 anni di storia dell’anarchismo. Addirittura con divagazioni filosofiche sull’anarchismo. Tutta sta mole di dichiarazioni su un lunghissimo arco di contesto storico, sociale, politico e filosofico, sempre senza prove fattuali e sempre mistificato, registrate in più di un anno di processo, sono solo strumentalizzazioni fuorvianti, e servono solo a creare un clima processuale emergenziale e di pericolosità davanti alla giuria popolare per accusarmi in quanto anarchico.

Procure e testi qui sono arrivati ad inventare dei ruoli di tre leder politici nell’anarchismo, e molto dogmaticamente, per colpevolizzarle, delle persone come capi, i leader politici del movimento anarchico italiano, con tanto di nomi e cognomi di questi compagni anarchici, uno defunto; ma ad oggi in questo processo non sono né incriminati né imputati, e procura e testi non hanno portato un straccio di prova, ma solo le loro chiacchiere. Hanno voluto continuamente spiegarci sta fantomatica e digressiva storia del movimento anarchico italiano, con queste assurde tre diverse correnti, iper-sociali, sociali, antisociali, per ognuna di queste, il suo capetto di turno nell’anarchismo. Costruzioni assurde e completamente inventate.

Mai sentite in vita mia in quanto anarchico; e il movimento anarchico Italiano, certo, lo frequento orgogliosamente da 25 anni.

Queste accuse, riportate in questo modo nel processo, sono mere accuse politiche senza prove.

Speculazioni politiche costruite e comandate dall’alto dalla magistratura, dalla Direzione Nazionale Antiterrorismo. Lo dico per il fatto provato che, essendo completamente false, sentite in questo processo e risentite e riutilizzate solo in diversi altri processi e in ambienti processuali utilizzati delle magistrature, beh la matematica non è una opinione: vogliono, con queste dichiarazioni politiche, condannarmi esemplarmente e politicamente e, insieme, attaccare tutto un contesto di lotta politica e storico e filosofico del movimento anarchico Italiano.

Ci sarebbe tanto e tanto altro da dire, perché le procure e i testi hanno voluto spaziare e introdurre nel processo la lunga e complessa storia delle esperienze politiche e rivoluzionarie della lotta armata degli anni 70 e 80 di questo paese, mettendo tutto ciò in un confronto fazioso e in modo a dir poco strumentale, per dare al processo la solita pennellata folcloristica e sensazionalista sulla lotta armata per impressionare la giuria popolare.

Mi hanno accusato in quanto anarchico, ma vengo ridefinito politicamente a piacimento della procura, inventandosi e imponendomi questa sorta di macchietta infamante di “anarchico individualista”, che rifiuto completamente perché non mi rappresenta per niente. Cosi come loro l’interpretano e rendono.

Tipo. I testi e le procure dicono che non vorrei le lotte sociali. Falso. Che non vorrei lottare con altre persone non anarchiche. Anche questo è falso. Che dico che bisogna assolutamente rivendicare gli attentati. Falso.

Che non voglio le rivoluzioni sociali con gli altri oppressi. Falso. E addirittura ho sentito dire questa gran idiozia da un teste della DIGOS, che io sarei un a-solidale, il che vuol dire nella lingua italiana – e scusate se mi permetto da straniero, ma le parole e la grammatica hanno regole e un loro giusto significato e soprattutto un loro peso-, e vuol dire: non essere solidale con nessuno. Una fesseria stupida, oltre che una falsità. Però magari il teste era ignorante, del significato. La realtà è che io non ho mai negato né nascosto di essere individualista anarchico. Anzi, ne sono molto fiero! Però di sicuro non saranno le procure e testi e le vostre ipocrite autorità a potermi catalogare, tra l’altro cambiando continuamente nei diversi processi e nel tempo a piacimento le mie concezioni di anarchico, senza coerenza, volutamente, perché certo serve soltanto a strumentalizzarle per condannarmi esemplarmente come nemico interno, come terrorista.

VIDEOCONFERENZA E DNA:

Più di un anno di processo fatto tutto in videoconferenza, senza avere potuto mai presenziare di persona in aula, nonostante le mie ripetute richieste, richieste tutte rifiutate dalla corte – a parte l’autorizzazione a presenziare ma con-obbligo-di-interrogatorio, cercando così di fatto di coartare le scelte della difesa degli imputati.

La questione videoconferenza, e la dinamica emergenziale con la quale è stata approvata, rientra o, per essere più precisi, rientrava nella infame logica della differenziazione dei circuiti detentivi introdotta con la dinamica strutturale emergenziale perenne dello Stato Italiano, dove l’individuo recluso e imputato viene demonizzato e disumanizzato con la così detta “notevole pericolosità sociale”.

Questo progresso tecnologico, rivela chiaramente l’asservimento in ogni aspetto delle nostre vite all’autorità statale capitalista: privando della possibilità di contestare le varie innovazioni, nuova religione da adorare.

Così la super-prova del DNA, indiscutibile e incontestabile, e che, bisogna dire, è invece interamente nelle mani e nel monopolio dello Stato, e certo delle sue super-procure e della polizia, la quale fa i rilevamenti e i prelevamenti sulla scena del crimine, detiene tutti i vari reperti nei propri archivi, fa condurre i test e le analisi dal personale proprio, all’interno dei loro propri laboratori; le contro-analisi di parte sono limitatissime e sono costosissime e, diciamolo, la gran maggioranza dei prigionieri certo non se le possono permettere; le contro-analisi sono impossibili da condurre, da parte della difesa, in laboratori che siano indipendenti dagli apparati dello Stato. In più la prova permette un’enorme malleabilità e discrezionalità nell’interpretazione dei risultati, come ci ha dimostrato lo spettacolo indegno e l’enorme malleabilità e la discrezionalità dei risultati nel così detto caso-Garlasco; in una percezione pubblica che è sovradimensionata dallo scientismo della fede nella prova del DNA, che spesso spunta per magia dopo decenni, raccontandoci la favoletta risentita da secoli sulle grandezze del progresso che va avanti, certo attraverso una continua e martellante propaganda lobotomizzante e il bombardamento mediatico della nuova fede in tale affidabilità da adorare. Questo consumismo spettacolare e visivo dei media svolge un ruolo cruciale nella costruzione di questa base che è ideologica. Tutto questo è l’ennesima conferma delle contraddizioni e delle sospensioni effettive di tutti i diritti fondamentali della vostra democrazia borghese. Sono questioni sistemiche nello Stato, non si tratta di due errori disfunzionali o di due mele marce, come si suol dire in questi casi.

ATTO DI TERRORISMO CON ORDIGNI MICIDIALI O ESPLOSIVI, 280 bis c.p:

Per finire vorrei chiarire alcune cose riguardo l’attentato e l’accusa di terrorismo 280 bis c.p., visto che procura e testi, per accusarmi nello specifico dell’attentato della scuola della polizia POLGAI, hanno voluto e potuto spaziare allargandosi a tutto un generale contesto sociale, politico e storico.

Quindi vorrei parlare anche io un po’ sia del contesto sociale e politico e storico sia dello specifico, per poter difendermi delle accuse che mi sono state rivolte.

La prima domanda da farsi qui è: che cosa è la struttura della scuola di polizia POLGAI?

La risposta è: una struttura scientifico-militar-internazionale d’addestramento a tecniche militari.

E poi, a chi insegnano, e a cosa addestrano. Nei suoi locali, come altrove, insegnano le tecniche di antiterrorismo e antiguerriglia alle polizie di tutto il mondo, a paesi anche molto noti alle cronache italiane come l’Egitto, la Libia, come anche alla polizia di Israele, e tanti tanti altri. L’antiterrorismo include intrinsecamente l’addestramento alla tortura sistematica: crimine odioso, anche per le vostre democrazie borghesi, che fintamente lo condannano, provando maldestramente a dissimularlo.

Faccio una piccola parentesi storica, visto che le procure hanno voluto inserire e parlare della lotta armata in Italia negli anni 70 e sul contesto storico di allora. Perché non avete parlato della tortura messa in pratica dallo Stato italiano durante gli anni 80 dal governo Spadolini, 1981, coalizione DC,PSI,PSDI, PRI,PLI, certo votato democraticamente, con decine e decine di casi denunciati di tortura e anche con violenze sessuali, contro una marea di persone che lottavano, e la giustificazione secondo cui è servita a fermare la lotta armata. Però non è questo il punto: questa piccolissima parentesi sul contesto Storico è per mostrare che sono queste le tecniche che si utilizzano nei complessi scientifico-militar-industriali locali e internazionali come quello della scuola di polizia POLGAI. Sono la massima espressione del monopolio statale della violenza e delle sue tecniche. Questo è il contesto.

Contesto che ci sta trascinando oggi tutti verso la terza guerra mondiale, di cui il genocidio in corso a Gaza è il capitolo più emblematico e più in vista. Però chi è, chi sono i terroristi per la procura e per lo Stato italiano che mi accusa. Attenzione perché in questi tempi di guerra totale si sfumano i confini tra i “terroristi” del fronte esterno e i “terroristi” del fronte interno. Per fare un esempio specifico: nella stessa sezione speciale del carcere dove sono prigioniero, vivo con diversi compagni rivoluzionari, come il compagno prigioniero Anan Yaeesh, partigiano palestinese, e benché la resistenza armata di cui lo si accusa sia legittima persino per la vostra carta straccia del diritto internazionale, l’Italia lo tiene prigioniero qui. Così come alcuni dei rivoluzionari comunisti richiusi negli anni 80, rinchiusi da più di 40 anni: sono quelli di più lunga durata nelle carceri di tutta Europa. E approfitto per esprimere a tutti solidarietà.

Cosa c’entra tutto ciò. C’entra che tutti abbiamo le stesse accuse: per “terrorismo”. È la stessa accusa, “terrorismo”, che mi fa questa procura per l’azione rivoluzionaria contro la POLGAI.

Ma, se di terrorismo vogliamo parlare, vorrei ricordare che siete seduti e vivete in un territorio, Brescia, dove, in Ghedi, si trova un parte micidiale del vostro imperialismo occidentale, attivo e complice nel genocidio del popolo palestinese, e che ha una base NATO, con bombe nucleari in grado di disintegrare popolazioni intere, e queste si indiscriminatamente, e anche in grado di disintegrare tutta Brescia.

Capisco le dichiarazioni di procura e testi, non sono un stupido: dovete reprimere noi, pericolosi-terroristi, quelli delle retrovie di questa guerra totale, tra l’altro in una fase complicata del capitalismo italiano ed europeo. Certo il fronte interno deve rimanere pacificato a forza di manganello e condanne esemplari, per conservare l’ordine sociale. Per questo le strette repressive verso ogni pratica di lotta non simbolica; per questo la repressione con il DDL sicurezza, con leggi repressive con condanne esemplari anche per i prigionieri che lottano nel carcere anche per la sola disobbedienza pacifica e punendo lo sciopero della fame collettivo come rivolta.

Tra l’altro oltre alle carceri italiane che hanno problemi con l’acqua come a Terni, in alcune non c’è proprio l’acqua per lavarsi, né tanto meno per bere, come ad esempio nel carcere di Uta in Sardegna, dove c’è stato un recente sciopero della fame; e tutte sovraffollate. Per questo anche l’attacco con l’utilizzo infame da parte dello Stato della legge più grave che ci sia nell’ordinamento di questo paese, la cosi detta “strage politica”, il 285 c.p.; ormai pure questa è stata sdoganata estesa contro chiunque, nonostante la sproporzione tra fatti reali, reato e pena: così per la prima volta è passato il reato di strage senza che ci fossero né morti né feriti, nelle condanne degli anarchici Anna Beniamino e Alfredo Cospito, quest’ultimo rinchiuso in 41 bis. A Alfredo e Anna va tutta la mia solidarietà. A differenza delle recenti stragi di Stato con i 14 prigionieri uccisi lasciati morire in carcere durante le rivolte di marzo 2020, oppure il ponte Morandi di Genova con 43 morti e tante e tante altre.

E visto anche che le procure e testi continuano in questo processo a parlare di un altro mio processo per cui sono stato condannato in via definitiva e degli ordigni alla sede della Lega in Treviso, per quelli, vorrei ricordare, con l’accusa, senza morti e senza feriti, di “strage politica”, poi ritirata dal PM, sono stato condannato a 28 anni di prigione in primo grado, misura che non si vedeva da decenni.

D’altra parte, ricordare non fa male: è un dato di fatto che la Lega è un partito che costituisce parte del governo fortemente razzista, misogino e xenofobo, oltre ad essere un partito complice dichiarato del genocidio in Palestina. Poi semmai, riguardo alle accuse di strage: è lo Stato italiano l’unico responsabile delle stragi, da sempre; e, noi anarchici, è dal 1970 che continuiamo e continueremo ad accusare lo Stato italiano come l’unico responsabile dell’epoca dello stragismo e della così detta “strategia della tensione”, comandata dagli USA, stragi come piazza Fontana, e, dove state voi a Brescia, piazza della Loggia, e che lo Stato in tutti questi anni ha fatto di tutto per uscirne impunito. Proprio per ciò mi piacerebbe ricordare e far notare alla corte che i numerosi politici e magistrati del periodo stragista degli anni 70 sono gli stessi che ancora sono protagonisti, e alcuni oggi governano, della vita pubblica italiana. Non vedo con quale legittimità proprio voi possiate accusarci di essere stragisti e terroristi.

Voi certo volete cancellare tutto ciò con un colpo di spugna. Sia il passato che il presente, i livelli altissimi di guerra totale, il razzismo statale e nazionale-sociale che avete diffuso e che si respirano oggi in Italia e nel mondo, e che voi come Stato da anni avete fomentato in tutta la società italiana facendolo passare come qualcosa che è privo di violenza, una semplice opinione… Volete sorvolare queste questioni fondamentali.

Queste sono alcune contestualizzazioni sociali e politiche e storiche; in sintesi, perché potrei continuare all’infinito. Certo voi potete condannarmi o no, sono qui prigioniero, ma non scordatevi mai che siete voi rappresentanti dello Stato quelli accusati di terrorismo e stragisti con storiche responsabilità.

E tutti questi fatti parlano delle ragioni sociali delle lotte da secoli degli oppressi del mondo. Io sono una piccola goccia, ma semplicemente dalla parte giusta della storia.

A prescindere e al di là di ciò che deciderete. lo condivido politicamente e solidarizzo con la lotta anarchica rivoluzionaria contro il capitale e lo Stato e solidarizzo con il popolo oppresso palestinese e con la lotta di liberazione rivoluzionaria contro il colonialismo occidentale! È per tutti questi motivi che questo processo e qualsiasi Stato non mi rappresentano, viste le continue stragi e genocidi della classe degli oppressi di cui io faccio parte, e le continue falsificazioni e manipolazioni di cui lo Stato è responsabile. Oggi, in modo assoluto rifiuto questa farsa statale, rifiuto questo tribunale e qualsiasi verdetto, sia esso di colpevolezza che di innocenza. Oggi dichiaro che per me questo processo è finito e non vedrete più la mia immagine.

Viva l’anarchia!

Juan Sorroche

02/10/2025

-AS2, c.c.Terni –

SA DOMU È FINITA-NASCE S’ATOBIU INTERNESCIONAL

L’esperienza dello spazio occupato di Via La Marmora continua! Crediamo che il modo migliore per evitare il degrado e l’abbandono degli edifici, sia quello dì viverli e prendersene cura, abitandoli quotidianamente. Alcuni percorsi finiscono, altri proseguono, tante persone ritornano e l’esperienza si allarga, in risposta a un’esigenza abitativa anticlassista e antirazzista urgente.

LA CASA È DI CHI L’ABITA
Collettivo Internescional