I GIUDICI DI PACE DEL TRIBUNALE DI ORISTANO SONO RESPONSABILI DELLA PRIGIONIA DI DECINE DI MIGRANTI NEL CPR/LAGER DI MACOMER.

I migranti i cui documenti non vengono riconosciuti nello Stato italiano, vengono catturati tramite vere e proprie retate, strappati dalle proprie famiglie e dalla loro vita senza aver commesso alcun reato. Il razzismo dello Stato imprigiona i migranti quando non può sfruttarli sino alla morte nei campi e nelle imprese. In Sardegna, per decisione di uno dei quattro giudici di pace del tribunale di Oristano, i migranti vengono imprigionati nel CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) di Macomer dove vengono trattenuti deportati da altri CPR, per ragioni punitive, o da un carcere ma dopo avere scontato interamente la pena. Il giudice di pace esprime la propria decisione per videoconferenza, in perfetta solitudine e in pochi minuti. Lo scopo dell’udienza è imprigionare il migrante e il giudice esegue gli ordini.

Sarebbe più onesto chiamare lager il CPR di Macomer. La struttura è quella di un ex carcere di massima sicurezza, chiuso nel 2014 per un intervento della Corte Europea per i Diritti Umani in quanto considerato inadatto e degradante per via della mancanza di requisiti adatti al suo scopo.

Le condizioni in cui i prigionieri sono costretti a vivere all’interno del CPR sono disumane; sono sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, in altre parole vengono torturati. Per cercare di placare le lotte dei detenuti e renderli inoffensivi, vengono somministrate elevate dosi di sedativi senza alcun controllo. Nel caso tutto questo non basti, intervengono le forze dell’ordine in tenuta antisommossa anche su un solo prigioniero inerme.

Ma la violenza non è solo fisica. La nomina degli avvocati viene ritardata, si somministra cibo scadente e marcio, si limita l’accesso al telefono per chiamare la propria famiglia, viene impedito l’accesso alle ambulanze minimizzando, tramite il parere del “medico”, le condizioni dei detenuti, e quando i prigionieri rivendicano i loro diritti seguono pestaggi, minacce e ritorsioni. La detenzione amministrativa dei migranti può durare fino a 18 mesi, dopo si prospetta l’espulsione o la deportazione. In un paese “sicuro” come Egitto, Libia, etc., dove ancora saranno sottoposti a maltrattamenti e torture. Molti migranti prigionieri a Macomer hanno problemi di salute, dovuti anche alle azioni di autolesionismo che mettono in pratica per contestare il sistema razzista che nega i loro diritti. Non esistono visite mediche che si possano considerare tali e nonostante questo, i giudici di pace del tribunale di Oristano, con la complicità della ASL emettono convalide e proroghe di detenzione.

Nessuno può essere considerato idoneo a essere rinchiuso in un luogo di tortura. Come ci ha detto qualcuno che è riuscito a uscire vivo da quel lager: al CPR entri sano e ne esci che non lo sei più.

Non accettiamo la macchina razzista che ogni giorno lo Stato mette in moto. Non tolleriamo che questo accada qui o in qualsiasi altra parte del mondo.

Nessun giudice che decida che un essere umano deve essere rinchiuso in un lager può avere la coscienza pulita ed essere esente da gravi responsabilità etiche e politiche. Chi collabora con i CPR è sempre colpevole.

I luoghi di trattenimento dei migranti possono e devono essere chiusi con le lotte.

SOLIDALI E COMPLICI CON LE LOTTE DEI PRIGIONIERI PER LA DISTRUZIONE DEI CPR

PER UN MONDO SENZA FRONTIERE E SENZA GALERE

TUTTX LIBERX

Anarchicx contro carcere e repressione

L’OPERAZIONE MAISTRALI: UN TEOREMA DI UN GIUDICE E DELLA DIGOS PER FERMARE LE LOTTE

NON PIEGARE LA TESTA DI FRONTE ALLO STATO E AI SUOI SERVI

CONTRO LA GUERRA DEGLI STATI

CONTRO LA PACE SOCIALE

Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra ecc. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato. B. Brecht “Il libro delle svolte”

Il 21 novembre ancora una volta la Digos di Cagliari e il tribunale lanciano una maxioperazione, denominata “Maistrali”, in cui sono indagatx 36 compagnx per vari reati e 10 di questi anche per associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico (il famigerato 270-bis), per le lotte anticarcerarie, antimilitariste e antifasciste, scritte sui muri comprese, condotte dal 2020 sino ad oggi. Fatti che sbirri e tribunale cuciono insieme in maniera bizzarra per poter giustificare le loro interpretazioni e le loro richieste. Nonostante lo Stato accusi di terrorismo chi lotta, l’unica motivazione di questa operazione è ancora una volta diffondere paura per combattere il conflitto sociale emergente in gran parte del pianeta.   

Mentre l’opinione pubblica è stordita dai social e dai bombardamenti mediatici sulla sicurezza, gli stati e i loro eserciti continuano ad armarsi, con enormi investimenti senza precedenti, impoverendo lavoratorx e sfruttatx. Per giustificare questa politica hanno bisogno di creare un nemico. Infatti, la soluzione più facile è classificare la popolazione in amici e nemici, individuando come nemici coloro che non vogliono o non possono ottemperare alle prescrizioni di un sistema capitalistico diretto, con sempre più determinazione, verso l’annientamento dell’essere umano. I nuovi reati, le misure di prevenzione, il carcere, la tortura sono un utile monito verso chi non sia ancora convinto di schierarsi dalla parte dello Stato.

Ogni volta che il conflitto sociale prende forza, lo Stato emana leggi che rilanciano norme per controllare ogni dissenso in qualunque forma si manifesti. Norme scritte in maniera da dare la possibilità ai giudici di interpretarle, variando arbitrariamente la fattispecie di reato e colpire più pesantemente tuttx coloro che si oppongono e tuttx coloro che sono solidali.

L’irrogazione sfrenata di misure preventive per chi tenti di lottare nei luoghi, siano piazze, carceri o cpr, in cui lo Stato esercita la sua violenza razzista contro poverx e migrantx, ha il solo fine di proteggere quei luoghi che servono per separare il proletariato dai potenti e dai padroni. La continua collaborazione tra forze di polizia ed esercito è utile allo Stato per proteggere gli sfruttatori e i loro servi, picchiatori fascisti e i militari, tutti criminali assassini appena capita l’occasione, tanto in tempi di guerra come in tempi di pace.

Siamo convinti che l’unico modo per protestare contro le regole sia infrangerle; quanto più il sistema ha paura più cerca di incuterne a chi si oppone, anche normalizzando l’uso della violenza verso chi non si adegua. La voglia di libertà non può essere fermata dalle concessioni del potere, la libertà ce la si prende. Non facciamo e non faremo nessun passo indietro rispetto alle nostre scelte e alle nostre lotte ribadendo che non saranno i loro processi, con le sentenze che vorrebbero già scritte, le loro minacce e le loro torture ad impedirci di stare sempre dalla parte dei debolx e degli sfruttatx che lottano.

TUTTX LIBERX

SEMPRE DALLA PARTE DI CHI LOTTA

FUOCO ALLO STATO E ALLE GALERE

Anarchicx contro carcere e repressione

AGGIORNAMENTI DALLE GALERE SARDE

Il Tribunale di Cagliari ha respinto la richiesta di detenzione domiciliaria del nostro compagno Paolo fatta del suo avvocato, motivando il provvedimento col rischio che il reato possa essere reiterato. Come detto in altre occasioni non crediamo nei tribunali, strumenti putridi dello Stato, utili solo per esercitare la violenza della legalità con chi non abbassa la testa e lotta.Noi ne prendiamo atto e continuiamo la lotta al suo fianco sino a quando le carceri non si ridurranno ad un cumulo di macerie.

Il nostro compagno magrebino che da Uta era stato trasferito al CPR di Macomer, dopo la conferma del trattenimento, nonostante avesse ingerito quattro grosse viti d’acciaio che non ha ancora espulso e si trovasse in sciopero della fame, è stato deportato, ad insaputa del suo avvocato, insieme ad altri 9 prigionieri, tramite un volo della Guardia di Finanza decollato dall’aeroporto di Oristano, al CPR di Caltanisetta. Ci racconta che niente è cambiato, ha trovato ancora trattamenti disumani e violenze.

PAOLO LIBERO
TUTTX LIBERX
FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI CPR

DENTRO I CPR SI MUORE LENTAMENTE

Nell’indifferenza generale dei cittadini sardi e dei suoi politici, dentro il CPR di Macomer continuano le violenze, la tortura fisica e psicologica dei prigionieri.

Le persone rinchiuse nei lager di stato, pagando con ripercussioni fisiche, psicologiche, minacce e ricatti protestano e lottano per rendersi visibili e rumorosi contro isolamento, silenzi e indifferenza.

Un compagno rinchiuso nel CPR, trasferito in maniera coatta dal carcere di Uta (CA) a fine agosto, ha iniziato da subito a lottare per la sua libertà e contro le violenze e le ingiustizie dentro questo lager. A partire dai primi di settembre ha intrapreso diverse azioni in segno di protesta, da solo e insieme ad altri compagni. Tra queste l’ingerimento di tre viti di ferro nei primi giorni di settembre. Da allora nessuna visita medica che si possa considerare tale è stata messa in atto per accertare le sue condizioni di salute che in più di due mesi sono inevitabilmente peggiorate. Il “medico” del CPR, Gasparino Demontis (medico di medicina generale e operatore del consultorio familiare di Macomer) si limita a dare indicazioni per una terapia psichiatrica non verificata che si traduce nella indiscriminata somministrazione di farmaci calmanti per sedarlo e renderlo inoffensivo. La violenza non è solo fisica. L’ente gestore Officine Sociali e la direttrice del CPR Elizabeth Rijo ritardano la nomina degli avvocati, forniscono cibo scadente e non commestibile, limitano l’accesso al telefono per chiamare la propria famiglia, impediscono l’accesso alle ambulanze, il tutto in una struttura degradata e sporca. Il compagno continua a lottare dentro questo lager, e dieci giorni fa ha iniziato uno sciopero della fame per contestare il sistema razzista che nega i suoi diritti. Alla fine della settimana scorsa gli è stata comunicata la convalida della sua detenzione per altri 3 mesi, l’ultima di due udienze in cui il “medico” Demontis non fa altro che minimizzare davanti al giudice le sue condizioni di salute e la sua sofferenza fisica e psicologica. La sua lotta non è individuale, è collettiva. Nessuno, infatti, è idoneo a rimanere rinchiuso dentro un luogo di tortura. Come ci ha detto qualcuno che è riuscito a uscire vivo da quel lager: al CPR entri sano e ne esci che non lo sei più. Nessuno deve essere costretto a vivere in una condizione di privazione della dignità, dei diritti e della sua libertà. Il compagno che ha iniziato lo sciopero in questi giorni, attraverso il suo corpo, sta lottando contro questa violenza, sta lottando contro la detenzione amministrativa, contro la somministrazione indiscriminata di farmaci, contro la tortura che rappresenta il CPR.

Da 6 anni a questa parte, cambiano gli enti gestori, cambia la direzione ma non cambia la sostanza di questi luoghi: spazi di tortura e di violenza istituzionale a cui si oppongono le persone che vi sono rinchiuse con i loro corpi e le loro azioni di rivolta. In questa lotta ci sono degli alleati, sempre troppo pochi, che il potere repressivo dello stato vuole scoraggiare e impedire anche l’avvicinarsi fuori dalle mura di quel lager.

Ma la repressione non può fermare una lotta per la giustizia, non esiste legale o illegale, ma oppressione e resistenza.

Quanto ancora devono andare avanti le violenze e le torture affinché si vada oltre l’indignazione e le parole di compassione e si prenda posizione organizzandosi e mostrando il dissenso con il proprio corpo e le proprie azioni contro un campo di concentramento dove le persone sono lasciate ‘morire lentamente’?

Oggi, mercoledì 12 novembre si è svolto il processo contro il nostro compagno Paolo e due nostri amici, in carcere da più di un anno in custodia cautelare accusati di rapina a mano armata.

L’udienza si è conclusa con tre condanne, la più alta, 5 anni e 2 mesi, è stata inflitta, con rito abbreviato, a Paolo.

Pensiamo che Paolo sia stato punito soprattutto per la sua lotta dentro il carcere che ha svelato non solo gli abusi e i soprusi dell’amministrazione carceraria, ma anche l’enorme contraddizione, che non ci stupisce, di uno Stato che, pur di continuare a trattare in maniera inumana e degradante prigionieri e familiari, non rispetta neppure le proprie schifose leggi, nel silenzio complice del tribunale di sorveglianza e dei garanti.

Nonostante l’udienza si sia svolta a porte chiuse, siamo riusciti incrociare e salutare i nostri tre amici nei corridoi del tribunale. La risposta è stata calorosa nonostante il nutrito numero di guardie che cercavano di impedirlo.

Fuori dal tribunale si è svolto un presidio di solidarietà di una trentina di compagnx sotto lo sguardo dei soliti ficcanaso di turno.

Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e lotteremo ancora contro tutte le galere sino a quando non ne rimarranno solo macerie

PAOLO LIBERO

TUTTX LIBERX

FUOCO ALLE GALERE

Anarchicx contro carcere e repressione

12 novembre: Presidio solidale per Paolo di fronte al tribunale di Cagliari

Il 12 novembre lo Stato italiano con ogni probabilità celebrerà il processo contro il nostro compagno Paolo e altri due nostri amici. Non sappiamo e non ci interessa sapere se siano o meno gli autori di ciò per cui vengono accusati. Come anarchici, siamo sempre solidali e complici con chi si oppone a una società che produce miseria, disuguaglianze, violenze, morte e genocidi. Ci preme sottolineare come ancora una volta il sistema tramite i suoi servi si accanisca, con continue ritorsioni e tormenti, contro chi, in libertà e in detenzione, non ha mai piegato la testa, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, denunciando le violenze degli sbirri, le torture dello Stato che, nel carcere di Uta, nega ai prigionierx persino l’acqua potabile, contro chi svela la complicità arrogante del tribunale di Sorveglianza e dei garanti che tacciono sui soprusi e sulle torture subiti quotidianamente dai prigionierx.
Per questi e per tanti altri motivi Paolo ha portato avanti uno sciopero della fame per 44 giorni tra maggio e giugno.

I tribunali sono strumenti per esercitare la violenza della legalità pertanto pensiamo che il verdetto sarà usato come punizione esemplare, per mandare a loro, e a tuttx i proletari, il messaggio che non bisogna ribellarsi, ma bisogna accettare in silenzio ogni violenza e tortura dello Stato. Per questo non accetteremo i verdetti di giudici che rappresentano questo sistema assassino.

Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e non li lasceremo soli né nelle galere, né nei tribunali.

PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE DI CAGLIARI
MERCOLEDÌ 12/11ALLE ORE 9

‪PAOLO LIBERO‬
TUTTX LIBERI
FUOCO ALLE GALERE

RACCONTO DI UN PESTAGGIO NEL CARCERE DI UTA

Riceviamo e pubblichiamo senza commenti, perché crediamo non ce ne sia bisogno, un brano di una lettera di un prigioniero del carcere di Uta (CA), che riferisce dei consueti torture e pestaggi degli sbirri sui prigionieri che si ribellano.

“[…] da un paio di settimane c’è in 14 bis (in isolamento stretto), M., […] che è quasi alla fine della sua “carriera” da carcerato, gli mancano poco più di tre anni […]. M. è in 14 bis, innanzitutto perché vorrebbe andare fuori dalle galere della Sardegna, questo anche perché l’isolamento delle carceri e della terra sarda gli ha fatto perdere il contatto con sua figlia, che purtroppo non sente dal suo arrivo in Sardegna, non ha neanche più contezza di dove si trovi.

[…] nella sua continua richiesta di trasferimento, che a parole non portava a nulla, è passato alle vie di fatto…, un bel dì ha preso per le orecchie il suo educatore […] ed ha dato un “buffetto” all’ispettore del piano.. Da lì isolamento e 14 bis. Penso che si lì in isolamento da un mesetto, ed ieri è ripassato alle vie di fatto. Infatti mentre un secondino ed un ispettore entravano nella cella ove è rinchiuso, M. è riuscito a “catturare” l’ispettore con il secondino che scappava a gambe levate, ed a “rinchiudersi” in cella con l’ospite. […] Non so se M. abbia liberato l’ospite, comunque nel pomeriggio (diciamo dopo l’una) c’è stato l’assalto con idranti, smeriglio, caschi, manganelli… Morale della favola: M. è stato pestato così tanto, che dopo un po’ è arrivata un’ambulanza che dovrebbe averlo portato o all’ospedale di Is Mirrionis oppure al “Brotzu” , in quanto in quei due posti ci sono due reparti chiusi a disposizione del carcere.

[…]

P.S. Ultime notizie da M. Ieri anche lui si è difeso e la gente parla di secondini un po’ incerottati.”

LE GALERE SI CHIUDONO COL FUOCO

TUTTX LIBERX

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