Dopo il clamore suscitato dallo sciopero della fame iniziato a staffetta dai prigionieri di Uta e poi proseguito da un nostro compagno sino al 21 giugno scorso, l’amministrazione del carcere, diretta da Marco Porcu, aveva ben pensato di riempire l’acqua di cloro rendendone impossibile anche l’utilizzo per cucinare.
Visto l’entrata del nuovo direttore, Pietro Borruto, abile a pavoneggiarsi di fronte alle telecamere parlando a vanvera del benessere dei detenutx, qualcuno ha fatto rianalizzare l’acqua a disposizione dei prigionierx per bere, lavarsi, etc.. Le analisi hanno rilevato una quantità di 600 Unità Formanti Colonie (batteriche) per millilitro d’acqua (il limite di legge è 0). In altre parole nell’acqua, che si beve e con cui ci si lava a Uta, è presente una significativa contaminazione fecale.
In altre parole cambia il direttore ma, come ci aspettavamo, la quantità di merda è rimasta la stessa; alla faccia di garanti, politici e leccapiedi che appaiono indaffarati nel criticare la situazione delle galere ma operano perchè tutto rimanga così com’è.
Solidali con i prigionierx, ci rivedremo presto di fronte ai cancelli della galera di Uta
PER UN MONDO SENZA GALERE PER UN MONDO SENZA SFRUTTATX LIBERTA PER TUTTI E TUTTE
La Cassa Prigionieri nasce a Cagliari nel 2023 grazie a un gruppo di compagnx che hanno preso parte alle lotte anticarcerarie sviluppate durante lo sciopero della fame di Alfredo Cospito.
Nel contesto storico attuale, il carcere rappresenta sempre più spesso il punto di approdo per molti compagnx impegnatx nelle lotte di piazza e nei conflitti sociali. Non a caso, gli ultimi decreti sicurezza hanno intensificato la repressione anche all’interno delle carceri, dotando gli sbirri di strumenti straordinari di controllo, repressione e tortura.
È in questo scenario che si è sentita la necessità di creare uno strumento utile a sostenere i/le prigionierx di tutte le strutture detentive (carceri, CPR, REMS, ICAM).
I contributi della Cassa hanno quindi lo scopo di supportare i/le prigionierx durante la reclusione, coprendo i bisogni quotidiani e favorendo la crescita e la diffusione delle lotte anticarcerarie — inclusa l’evasione — con la speranza di alleviare, almeno in parte, la sofferenza causata dalla tortura sistematica che i/le prigionierx subiscono.
Poiché si tratta di una Cassa per i/le prigionierx, si è scelto di sostenere anche eventuali necessità legate alle fasi del giudizio, escludendo però qualsiasi contributo alle spese relative agli onorari dei legali.
Vado ai colloqui nel carcere di Uta, con regolarità. Siamo preparate ad aspettare sotto il sole. Due settimane fa c’erano più bambini del solito ad aspettare. “Mamma ho caldo”-“ Mamma voglio andare via”. Poi la secondina alla porta fa entrare i bambini e le madri e ci dice di aspettare ancora fuori, al caldo di luglio col bene che ti voglio. Perché c’è un evento. Qualcuna vicino a me dice : “Cos’è la giornata delle famiglie?” Viene fulminata con lo sguardo dalla guardia. Finalmente ci fanno entrare, ma non si possono depositare i pacchi per i prigionieri perché un artista mascherato lo usa come tavolo da disegno. “Mamma non voglio disegnare, voglio vedere babbo”. La settimana successiva c’erano forme geometriche sui muri della sala in cui passi meno tempo ad aspettare ( il più è fuori al caldo). La settimana dopo su quei rettangoli e quadrati c’erano scritte orwelliane. Prima della sala perquisizioni: “Esibire i propri sentimenti “. Dove dai i documenti: “È severamente concesso l’ingresso”. Tutte scritte irritanti per le femaiglie in quanto a confronto dell’esperienza risultano semplicemente sarcastiche.
Sui termosifoni: Manu invisible 2025. Quanti soldi ti sei preso (con Domus de Luna e ELAN cooperativa sociale) per fare il belletto al lager?
H4pf03 ha voluto ricondividere la sua storia, perché i giornalisti e chi li contatta non si sono preoccupati di tenere conto delle opinioni di chi, nonostante l’inferno di Macomer, lotta ogni giorno per raccontare le condizioni, i soprusi, a costo di grandissimi sacrifici.
La storia di H4pf03 è la storia di tutte quelle persone che vengono colpite dalla repressione dello stato razzista italiano. La sua lotta è una lotta per tutte le persone detenute dentro il CPR.
“Siamo dentro il lager istituzionale di Macomer. La settimana scorsa H4pf03, giovane marocchino di 22 anni, suonava al citofono del suo blocco ripetutamente per parlare con un operatore. Voleva comunicare con l’assistente sociale per mostrare il foglio della denuncia di smarrimento del portafoglio con il permesso di soggiorno e la ricevuta per il suo rinnovo per provare a dimostrare di essere regolare sul territorio e quindi uscire dal CPR in cui è detenuto da dicembre 2024.
È rimasto inascoltato per tutto il giorno, decide dunque di protestare salendo sul tetto. Scende con la promessa che gli avrebbero fatto incontrare l’assistente sociale, promessa non mantenuta. Il primo di tanti inganni in pochi giorni. Lo stesso giorno nel suo blocco, in seguito a delle proteste per avere assistenza medica, la polizia é entrata in assetto antisommossa picchiando le persone detenute e deridendole allo stesso momento. Arriva subito un’ambulanza per portare via una persona che in seguito ai pestaggi è rimasta a terra. Dopo che l’ambulanza porta via la persona ferita i pestaggi e la repressione fisica contro chi è rimasto nel blocco continuano. Gli operatori non sono presenti al momento del pestaggio, ma ne vedono i risultati subito dopo. Le persone del blocco sono contuse e ferite.
Giovedi H4pf03 cerca di andare in isolamento volontario, non riesce a reggere tutta quella tensione e vuole solo un giorno per stare da solo. Un funzionario gli promette che sarebbe potuto uscire il giorno dopo. Altro inganno. Venerdì H4pf03 chiede di poter tornare nel blocco con i suoi compagni ma non lo liberano. La scusa per questa infamia è che doveva calmarsi. Riesce però finalmente a parlare con la sua famiglia tramite l’unico telefono con whats app che la gestione del lager di Macomer concede. Dopo la chiamata gli viene detto che sarebbe arrivata un’ambulanza a breve per visitarlo e dargli le cure mediche necessarie che aveva richiesto dopo i pestaggi avvenuti i giorni prima. H4pf03 infatti è pieno di contusioni e con diverse ferite. Aspetta l’ambulanza sulla sedia nell’area prima del blocco dell’isolamento.
È da solo, ma al posto dell’ambulanza arriva la guardia di finanza in antisommossa, sono tanti e lui è da solo. Lo trascinano per cento metri, cade due volte e lo riportano in isolamento dove una decina della guardia di finanza lo tengono fermo mentre il personale medico gli fa due punture di sedativo. Durante questo ennesimo gesto repressivo la guardia di finanza gli provoca altre contusioni alla spalla e alla mano. H4pf03 rimane in isolamento, sedato per un giorno intero, ferito, contuso e in uno spazio senza aria, senza finestre.
È oramai in isolamento da una settimana.
La sua lotta continua fin quando solo all’inizio di questa settimana lo portano in ospedale a Nuoro, dove gli fanno incontrare uno psichiatra che gli voleva prescrivere medicine per calmare la sua rabbia mentre lui chiedeva rispetto per i suoi diritti, per la sua esistenza, per la sua libertà. Viene rilasciato dall’ospedale e riportato al CPR, il referto di quelle visite non lo vedrà mai, lo tengono le forze dell’ordine, perché possiamo immaginare cosa ci sia scritto”.
NON LASCIAMO INDIETRO CHI LOTTA PER LA LIBERTÀ O SAREMO COMPLICI DELLO STATO RAZZISTA
Abbiamo letto su l’Unità e FanPage gli articoli in cui Yasmine Yaya Accardo, esponente di LasciateCIEntrare e Memoria Mediterranea, per denunciare la situazione del CPR di Macomer illustra alcuni casi di torture, isolamento e violenze medico-poliziesche su alcuni prigionieri, citandone i nomi. Poichè tutti i prigionieri raccontano che, nel corso della loro detenzione, subiscono questi trattamenti (di forma e intensità variabili), ci chiediamo perchè personalizzare le denunce mettendo a repentaglio la già precaria situazione dei prigionieri stessi.
Nell’articolo vengono, tuttavia, omessi i nomi, quelli giusti, dei responsabili di questo lager.
Non viene citata mai la coordinatrice Elisabeth Rijo Ubri, di cui i prigionieri lamentano le frequenti assenze, prepotenze ed omissioni, tranne quando può presenziare ad eventuali visite parlamentari (comprese quelle “a sorpresa”) ed incontri pubblici. Per inciso, ci sconcerta il fatto che la Rijo sia ancora presidente del Coordinamento Diaspore in Sardegna, senza che nessuno che ne formi parte si indigni e la sbatta fuori.
Degli operatori conosciamo soltanto il nome dell’infermiera Rita Porcu (la signora che nella puntata di Presa Diretta ha avuto il coraggio di negare l’utilizzo massiccio di psicofarmaci per sedare i prigionieri) e dell’operatore, tale Karim, che ha provocato una lesione importante ad una gamba di un prigioniero durante un “alterco”.
Conosciamo solo pochi nomi poichè tutto il personale (si tratti di sbirri, mediatori o medici) viene coperto dalla più totale oscurità perchè, come in tutti i lager, la catena di trasmissione del comando, su cui si fonda il buon funzionamento del CPR, deve essere sempre protetta e coperta. Pertanto quando si agisce per denunciare le torture che subiscono, sempre, tutti coloro che sono rinchiusi, si facciano i nomi, ma che siano quelli giusti, degli aguzzini e di chi ne è a capo.
Ieri notte, in un blocco presidiato da antisommossa e kapò, chiamati operatori, (qualcuno dice che fosse presente anche Elisabeth Rijo, ma di questo non abbiamo certezza), uno dei due prigionieri in sciopero della fame e della sete, sottoposto, nei giorni scorsi, a pestaggi, sedazioni ripetute e isolamento, ha ingerito batterie e una lametta e poiché si rifiutavano di portarlo in ospedale, ha tentato un gesto estremo da cui lo ha salvato un altro prigioniero. A quel punto è stato portato via ma non sappiamo dove.
Da giorni non abbiamo notizie neppure dell’ altro prigioniero che si trovava in isolamento e in sciopero della fame e della sete.
Mentre nel blocco C prosegue la protesta, uno dei due prigionieri in sciopero della fame è stato riportato, ieri notte, nel blocco, profondamente sedato, dopo essere stato minacciato di un’ulteriore periodo di isolamento se non avesse posto fine allo sciopero della fame. Il prigioniero ha comunque deciso di proseguire lo sciopero fino alla liberazione che dipende soprattutto dalla consegna di alcuni moduli da parte della direttrice Elisabeth Rijo, che ci dicono sia sempre assente.
Il prigioniero rimasto in isolamento nella cella situata nel sottosuolo, prosegue lo sciopero della fame e riferiscono che ieri notte è stato ferito da una quindicina di antisommossa che sono entrati nella cella con un’infermiera, lo hanno afferrato di malomodo procurandogli lesioni agli arti e al collo, per trascinarlo nei locali dell’infermeria, issandolo sul lettino e infine lanciandolo a terra e poi saltandogli sopra per immobilizzarlo affinchè l’infermiera gli praticasse due iniezioni di un sedativo potente che lo ha reso incapace di muoversi sino alla mattina. Un dispositivo di tortura medico-poliziesco a tutti gli effetti.
Ancora una volta in questi “non luoghi” razzializzati il sistema esercita tutta la sua violenza nascosta a qualunque sguardo. Allo stesso tempo, per mostrare la maschera democratica, permette gli spettacoli “a sorpresa” di politici, garanti e loro accoliti a cui viene permesso, attraverso il privilegio razziale, di entrare per riportare all’esterno soltanto ciò che l’amministrazione permette che si veda.
Da Macomer ci comunicano che ieri notte una decina di antisommossa sono entrati nella cella di isolamento, situata sotto il livello del suolo, e si sono accaniti contro uno dei prigionieri praticandogli un trattamento medico coatto, tramite due iniezioni, per sedarlo. L’altro prigioniero, che non è in grado di muoversi autonomamente, durante il pestaggio si è ferito ulteriormente una gamba e è stato ugualmente sedato.
Le detenzioni nel CPR sono eseguite dalla polizia con la complicità del personale sanitario del centro. Pensiamo che le visite di medici esterni che offrono la loro professionalità per “denunciare” i casi più eclatanti di incompatibilità sanitaria nella struttura, possono alimentare la macchina della tortura, rendendoli complici in un processo di “selezione”, in cui si decide chi potrà essere “sommerso” e chi “salvato”.
Siamo contro tutte le galere. Pensiamo che il personale sanitario (medici, infermieri, psicologi), che decida se un prigionierx sia idonex alla detenzione o alla libertà, debba essere considerato complice e collaboratore del sistema razzista di detenzione e tortura.
SOLIDALI E COMPLICI CON I PRIGIONIERI
MAI COMPLICI CON LA MACCHINA DELLA TORTURA E DELLA DEPORTAZIONE
Dopo l’intervento di avantieri, nel blocco C, di una trentina di antisommossa, con caschi e manganelli di ordinanza, che ha causato il ferimento di almeno 5 prigionieri; uno di questi ha raccontato “siamo stati picchiati come animali con i manganelli, non c’è un punto del mio corpo che possa toccare senza provare dolore”. Nessuno dei feriti è stato visitato dal medico e per questo sono nate nuove proteste che si sono concluse con la chiusura in isolamento di almeno un prigioniero a cui non è stato consentito di contattare il proprio avvocato.
Sempre avantieri notte un operatore, nel blocco B-dx, durante un alterco, ha ferito gravemente ad un piede un prigioniero che aveva già riportato una grave lesione all’altra gamba. Nonostante il prigioniero non fosse grado di muoversi, non gli sono state date nè stampelle nè sedia a rotelle; non è stato sottoposto a visita, ma gli è stata fatta solo una radiografia di cui non gli è stato comunicato il referto. Il prigioniero che soffre di svenimenti riferisce di essere svenuto e avere battuto la testa. In seguito alle sue proteste, è stato chiuso anch’esso in isolamento.
Entrambi i prigionieri in isolamento sono entrati in sciopero della fame e della sete.